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A una donna siciliana la mano bionica che imita il tatto

La nuova mano bionica riesce a imitare la ‘voce’ dei neuroni, riproducendo il coro di segnali che dai polpastrelli arriva al cervello. 

Impiantata ad una donna siciliana la prima mano bionica che riesce a dare una sensazione del tatto molto simile a quella naturale.

“Per la prima volta ho percepito la protesi come un naturale prolungamento del mio corpo e non come una parte esterna” ha detto Loretana Puglisi che con un’altra paziente, Almerina Mascarello ha sperimentato il nuovo impianto di ‘mano bionica’. “Riuscire a sentire di nuovo sensazioni in un arto fantasma, ovvero in una mano che non c’è più è un passo importante verso lo sviluppo di protesi davvero funzionali”.

Il lavoro, pubblicato su ‘Neuron’, è opera di un gruppo di ricercatori della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (Epfl), dell’università di Friburgo, della Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs di Roma.

La nuova mano bionica riesce a imitare la ‘voce’ dei neuroni, riproducendo il coro di segnali che dai polpastrelli arriva al cervello. “È una dimostrazione di come sia possibile replicare la risposta dei recettori naturali del tatto con buon livello di fedeltà”, ha detto il coordinatore della ricerca, Silvestro Micera, dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna e titolare della cattedra di Neuroingegneria traslazionale del Politecnico di Losanna. La novità è nel codice che permette alla mano bionica di trasmettere ai nervi del braccio amputato tutta la varietà di percezioni che avrebbe ricevuto recettori nervosi alla base del tatto.

“Non siamo partiti dalla mano robotica, ma dalla sorgente dell’informazione tattile, cercando di riprodurre in modo più accurato possibile la dinamica dei neuroni nelle dita nel momento in cui una mano tocca un oggetto. Così abbiamo trasmesso al sistema nervoso del paziente un segnale che è stato subito riconosciuto come naturale”, ha osservato Giacomo Valle, studente di dottorato alla Scuola Sant’Anna e prima firma della pubblicazione. “In questo modo il messaggio che il cervello riceve è molto naturale e il paziente riesce a compiere i movimenti in modo più rapido”, ha osservato un altro autore della ricerca, Alberto Mazzoni, della Sant’Anna. Adesso si guarda al futuro e, ha detto Micera, “l’obiettivo è rendere il dispositivo impiantabile in modo da permettere l’uso costante e quotidiano”.

Quello compiuto dai ricercatori e oggetto della pubblicazione su Neuron, appare come un passo significativo verso una protesi di mano ancora più simile a quella naturale, perché – per la prima volta – si tengono in considerazione tutti gli aspetti della percezione tattile. Inoltre, il codice sviluppato dagli autori dello studio potrà essere applicato a tutti i modelli di protesi, garantendo la sensibilità delle percezioni e l’efficacia dei movimenti.

L’obiettivo è migliorarsi ancora, eliminare i cavi ora necessari per collegare la protesi e lo zainetto con le batterie, sostituendoli con un pacemaker e una connessione wireless che permetterebbe l’uso quotidiano della protesi.

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