HOMETEATRO

Alluccamm: quel grido soffocato che diventa coraggio

Alluccamm è il grido soffocato, divenuto muto, di chi vive ai margini, isolato e deriso, ma sfruttato alla bisogna.

Le due protagoniste sono Dolores e Iolanda. Sono nate maschio ma la loro identità di genere è diversa.

Sin da piccole, infatti, hanno sognato begli abiti e un fidanzato che le abbracciasse. Una vita semplice, ma loro preclusa. Dolores, infatti, o meglio il piccolo Ferdinando, viene venduto dalla madre per pochi spiccioli a una serie di laidi vecchi affinché possano soddisfare impunemente le loro voglie. Che sia il gesto estremo di chi è vittima dell’imbarbarimento dettato dal bisogno e dalla povertà o quel familismo amorale di cui parla il sociologo Bentham, tipico di chi cerca di ricavare un vantaggio da un “guaio” che gli è toccato, in questo caso un figlio “invertito”, rimane l’orrore di una vita spezzata con crudezza, che il regista non nasconde nei dialoghi, anzi getta in faccia allo spettatore.

Iolanda invece, che forse ha scelto il nome di un’attrice, è la più sognatrice e svampita. Sognava di fare la commessa nei grandi magazzini ma il padre-padrone ha cercato di raddrizzarla a suon di cinghiate.

Il riscatto di Dolores sembra passare attraverso un’esperienza da soubrette, da sciantosa, ma sfiorisce presto come le foglie secche che le due si trovano a calpestare durante le prove di uno spettacolo ideato per i Tedeschi, solo per poter prendere dei generi alimentari e sottrarsi alla miseria (un tentativo rivelatosi pericoloso, cruento e fallimentare).

I personaggi sono andati letteralmente a cercare il regista, Luca Pizzurro, per raccontare la loro storia con la speranza, forse, di una possibilità di riscatto e di legittimazione del loro esistere.

Luca le ha incontrate idealmente tra i vicoli e i quartieri del centro storico e da lì ha approfondito la vicenda con i testimoni ancora viventi delle Quattro Giornate di Napoli e con alcune donne transessuali, in un passaparola che ha contribuito a sollevare il velo.

La paura, la vergogna, il senso di isolamento e di costante non appartenenza, di trovarsi sempre dalla parte sbagliata.

Ma anche il desiderio di maternità voluta o rinnegata per non far condividere a un bambino il loro destino di reietti, di coloro che vengono additati come errori divini.

Poi Luca si è ammalato di Covid e ha sperimentato sulla sua pelle l’orrore del contagio e della segregazione. E proprio allora Dolores e Iolanda sono tornate in suo soccorso, per aiutarlo a comprendere e a sopportare, per donargli un sorso d’aria, un respiro più ampio, in un orizzonte divenuto claustrofobico.

Lo hanno fatto con spirito di solidarietà e di sorellanza, la stessa che domina tutto lo spettacolo, arricchito dalle musiche e dai testi di Enzo Gragnaniello e da alcune canzoni d’epoca. Impreziosito dalle scenografie e da costumi semplici, ma assolutamente perfetti.

Andrea Fiorillo e Mauro Collina si “contendono” il palco, dando vita a un vero e proprio gemellaggio di bravura ad alto tasso di intensità.

Un pugno allo stomaco che sa farsi carezza dolente e che non può lasciare indifferenti.

Ora lo spettacolo, tutto in lingua napoletana, un atto di coraggio che si somma al coraggio della narrazione, è anche un libro, edito da Gramese.

Il Campania Teatro Festival, con la direzione artistica di Ruggiero Cappuccio, è ospitato dal Real Bosco di Capodimonte, uno dei luoghi borbonici protagonisti del libro Il sogno Reale a cura di Marco Perillo. Realizzato con il sostegno dell Regione Campania e organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Alessandro Barbano, annovera quest’opera magistrale, non estranea alla ferocia dell’esistere ma che sa muoversi, a sorpresa, anche in punta di piedi.

Ben 150 spettacoli che si alterneranno su 4 palchi fino alla metà di luglio con due appuntamenti a sera, uno alle 21 e uno alle 22.30.

Intanto nel bosco echeggia il grido per la libertà e la rivendicazione dei diritti di due esseri umani forti e fragili che, in nome di un agognato riconoscimento di appartenenza sociale, sono disposti persino all’estremo sacrificio, compiuto tenendosi per mano.

** Foto: courtesy Massimo Cuomo

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