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Accadde oggi: 13 dicembre 1973 Fellini ci regala “Amarcord” (video)

Il 13 dicembre 1973 viene proiettato per la prima volta nelle sale cinematografiche quel grandissimo capolavoro  firmato Federico Fellini dal nome “Amarcord”.

“Mio nonno faceva i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me’, ma la casa mia n’dov’è?” è una di quelle battute che è andata oltre lo schermo, entrando nella vita di tutti i giorni, nella storia del nostro Paese. Si proiettavano per la prima volta,  nelle sale cinematografiche italiane, centoventisette minuti che lasciarono lo spettatore inchiodato alla poltrona, perché di annoiarsi “non s’ha da fare”.

La notorietà di questo film è tale che lo stesso titolo Amarcord, univerbazione della frase romagnola “a m’arcord” (“io mi ricordo”) è diventato un neologismo della lingua italiana, con il significato di rievocazione in chiave nostalgica.

Pupella Maggio, Armando Brancia, Ciccio Ingrassia, Magali Noèl, tutti contribuirono a rendere unico il film. Fu poi presentato fuori concorso al Festival di Cannes 1974. Il film, la cui locandina e i titoli di testa sono opera del grafico statunitense John Alcorn, è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare.

La vicenda, ambientata dall’inizio della primavera del 1932 all’inizio della primavera del 1933 (riferimento certo visto la corsa della VII edizione della Mille Miglia), in una Riminionirica ricostruita a Cinecittà, come la ricordava Fellini in sogno, narra la vita nell’antico borgo (o e’ borg, come a Rimini conoscono il quartiere di San Giuliano) e dei suoi più o meno particolari abitanti: le feste paesane, le adunate del “sabato fascista”, la scuola, i signori di città, i negozianti, il suonatore cieco, la donna procace ma un po’ attempata alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l’avvocato, quella che va con tutti, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti, gli antifascisti e il magico conte di Lovignano, ma soprattutto i giovani del paese, adolescenti presi da una prepotente “esplosione sessuale”.

Tra questi è messo in particolare risalto il personaggio di Titta Biondi (pseudonimo per Luigi “Titta” Benzi, amico d’infanzia di Fellini) e tutta la sua famiglia: il padre, la madre, il nonno, il fratello e gli zii, di cui uno matto, chiuso in un manicomio. Attraverso le vicende della sua adolescenza, il giovane Titta inizierà un percorso che lo porterà, piano piano, alla maturità. Tutto accompagnato dalle stupende musiche di Nino Rota.

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