HOMETEATRO

Artemisia: uno spettacolo intenso e struggente al Teatro Tram, che fa ancora parlare di sé

Sedimentate e decantate le emozioni per lo spettacolo Artemisia in scena al teatro Tram per due weekend consecutivi dal 9 al 19 marzo, torniamo a parlarvi di questa piece particolarmente intensa, le cui riflessioni sulla condizione femminile e sul macigno creato dai pregiudizi risultano quantomai attuali. A condividere il palcoscenico sono Titti Nuzzolese e Antonio D’Avino, diretti da Mirko Di Martino. Il lavoro teatrale è frutto di una lunga gestazione, nutrita da ricerche documentali e attente riflessioni nate dalla lettura degli atti del processo.

La scena si apre su una Artemisia ormai anziana, prigioniera dei suoi incubi abitati dai ricordi del passato, in particolare da turpi episodi del processo subito, in cui lei fu più posta sul banco degli imputati che vittima da difendere.
Il giudice, suo padre Orazio, lo stesso stupratore, Agostino Tassi, sono delle proiezioni della sua mente. Lei stessa si giudica duramente e si chiede se sia stato giusto votare tutta la sua vita all’arte.


L’altrui  giudizio, in alcuni casi, è penetrato profondamente nella sua mente e nel suo cuore. Giudizi e pregiudizi di una società maschile e maschilista con cui lei seppe dialogare, nonostante tutto.


Alla fine la protagonista giunge alla consapevolezza che lei e solo lei può giudicare la sua arte e sé stessa, ma è una consapevolezza tardiva, maturata dopo una vita spesa a inseguire l’approvazione altrui.


Gli attori in scena, in un dialogo serrato, riescono a suscitare “emozioni e riflessioni a catena”.


Ci si sente proiettati su quel palco ad osservare Susanna spiata dai vecchioni o Giuditta che decapita Oloferne con l’aiuto della serva.
Non si può non provare solidarietà per una donna che cerca disperatamente di riscattare se stessa e di difendersi.


Siamo tutte un po’ Artemisia ogni volta che ci puntano il dito contro facendoci sentire inadeguate o colpevoli per aver fatto o non fatto qualcosa.
Uno sguardo altrui unilaterale che sa schiacciare.


Titti Nuzzolese è  intensa, vera, disperata. Antonio D’Avino è il suo incalzante e implacabile controcanto.
In Artemisia ho rinvenuto una sostanziale continuità con altre “eroine” interpretate da Titti Nuzzolese. Donne che si sono spese per affermare sé stesse in società ostili, che ne hanno offuscato la grandezza artistica. Figure muliebri che hanno subito i destini familiari di discredito e infamia.

La Nuzzolese sottolinea, invece, la sostanziale lontananza e discontinuità tra queste donne anche se loro hanno preparato il terreno per l’affermazione dei diritti e della legittimità dell’esistenza di altre donne, senza tuttavia poter godere davvero delle loro rivendicazioni.

In realtà sono donne molto diverse, tra loro e da me. – evidenzia – È proprio questa la sfida. Amo raccontare le loro storie, è una possibilità di dare il mio supporto alla loro voce. Trovo che, crescendo come donna e come artista, mi interessa sempre di più parlare di donne, di osservare e vivere l’universo femminile nelle sue complessità ma anche nelle innumerevoli possibilità. C’è sempre sacrificio dietro la conquista, ma per  quanto riguarda loro stesse non credo siano riuscite a goderne“.

Si tratta di una tavolozza di colori a cui la Nuzzolese attinge, di volta in volta, per dipingere le caratteristiche salienti del proprio personaggio. La distanza tra sé e il  personaggio interpretato rappresenta una continua sfida per riuscire a trovare il giusto equilibrio tra vicinanza empatica e distanziamento prospettico. 

Ascolto molto. Amo assorbire le storie che sento sul palco ma anche intorno a me. Credo che tutti possediamo una tavolozza  di colori da cui attingere. In genere cerco la verità che sento più potente in me e da lì parto a cercare le sfumature che sono quelle che mi interessano di più“.

Share This:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cultura a Colori