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Bike sharing a Milano e Firenze: disagi e lamentele

Un salto avanti nella mobilità sostenibile è stato reso possibile in Italia dalle società Mobike e Ofo, ma nascono nuove polemiche.

A Milano e a Firenze è possibile munirsi di biciclette per spostarsi in città. La novità? Il servizio di bike sharing offerto dalle due grandi società Mobike e Ofo. La condivisione della bici permette di poter usare quella che è stata parcheggiata nelle proprie vicinanze e, una volta arrivati a destinazione, di non doverla riportare in apposite stazioni designate. Al momento circolano 20.000 bici delle due società sopracitate, di cui 8.000 a Firenze e 12.000 a Milano.

Il funzionamento è molto semplice, si scarica un’apposita applicazione, su cui viene registrata la propria carta di credito. Una volta localizzata la bici più vicina, si sblocca tramite l’app, si usa – 30 centesimi per mezz’ora – e al momento di parcheggiarla, si richiude il lucchetto. Il pagamento viene automaticamente effettuato dal cellulare.

Quindi i benefici in termini di mobilità sostenibile sono inattaccabili e nel tempo si registra anche una crescita nell’uso delle due ruote, eppure sono molte le lamentele sorte dalla colonizzazione delle bici in città. I rapporti tra pedoni, automobilisti e ciclisti si inaspriscono, aumenta l’intolleranza e l’insoddisfazione. Causa primaria di questo malessere generale è il free floating, ossa il parcheggio libero, per cui si assiste a scene – prontamente immortalate dai cellulari e condivise sui social – di parcheggi impensabili, bici elettriche scariche e quelle classiche deturpate, ciclisti che tagliano la strada alle macchine e pedoni che rischiano la vita per l’imperversare delle due ruote sui marciapiedi.

A questo scenario tempestoso fanno da contrasto le parole di Alessandro Felici di Mobike Italia, che dichiara: «In media le nostre bici vengono utilizzate per circa sei volte al giorno, considerando che la media che ci aspettavamo era di cinque utilizzi giornalieri, significa che c’è una forte richiesta da parte degli utenti. A Milano il Comune ha previsto una bici ogni 100 residenti e per ora va bene così.»

Sicuramente è una testimonianza del successo del bike sharing, ma reca in sé anche un chiaro segnale di quale sia la problematica di fondo, che rende così ostico a molti il servizio messo a disposizione. Le città, infatti, per il momento non prevedono un uso così copioso delle due ruote come mezzo di trasporto. Con l’aumento della circolazione della bici, la quantità delle rastrelliere dove posarle e di piste ciclabili diventa sempre più esigua, proporzionalmente aumentano i parcheggi liberi, che causano tante lamentele, e la presenza di ciclisti in corsie non pensate per loro.

Dato il successo del bike sharing – si prevede infatti un’ulteriore impennata nell’uso del servizio – i Comuni di Milano e di Firenze stanno cominciando a pianificare soluzioni per le nuove problematiche sorte. Così a Milano la società di bike sharing, Bikemi, punta a migliorare le condizioni del servizio con l’incremento di station based, passando da 280 a 323, e l’aggiunta di bici elettriche dotate di seggiolino.

Intanto resta dubbio come il Comune di Milano riesca ad affrontare, nel poco tempo che si è prefissato, tutti i lavori urbanistici programmati per sostenere il veloce aumento delle bici in circolazione. Dal piano urbano della mobilità sostenibile pubblicato, si apprende l’intenzione di passare da 8300 rastrelliere a 9700, entro la fine dell’anno, e altre 800 in un secondo momento, senza considerare anche l’aumento di piste e corsie ciclabili, “zone 30”, aree ciclopedonali che per ora coprono 215 km, ma che si ha intenzione di estendere fino 300 km in tempi molto brevi.

 

 

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