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Boris Johnson non molla, ma il Paese è in allarme per la tenuta della catena di comando

I media chiedono “trasparenza” piena a Downing Street sulla salute del premier.

Pesano le contraddizioni fra il tono di rassicurazione quasi assoluta dato fino a ieri pomeriggio e l’annuncio repentino dello spostamento “precauzionale” in terapia intensiva scattato neppure due ore dopo l’ultimo briefing alla camomilla. Tanto più che accademici di chiara fama come Derek Hill, del London University College, non esitano a esprimere la convinzione che BoJo sia ora “estremamente malato”.

L’altro elemento di allarme riguarda il governo del Paese e la tenuta della catena di comando. Vulcanico, entusiasta, positivo, Boris – se ne condividano o meno le idee – è senza dubbio l’uomo politico britannico su piazza capace più di ogni altro d’infondere ottimismo fra la gente, o almeno di provarci; figura difficile da sostituire nel dramma attuale, come conferma lo sconforto e la pioggia d’auguri di pronta guarigione – di rito, ma con un fondo di sincerità – che gli arrivano in queste ore da ogni parte: da persone comuni come dalla regina, dai compagni di partito come dagli avversari, dai leader alleati ai rivali, da Donald Trump a Vladimir Putin. Difficile da sostituire soprattutto per Raab, incaricato per ora di presiedere alle riunioni dell’esecutivo e alla sicurezza nazionale, ma non fino a ricevere l’incarico pieno di premier facente funzioni o di tenere i contatti con la sovrana.

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