HOMETEATRO

Didone + Enea: quando l’amore cede il passo al desiderio di gloria

Dopo una settimana di emozioni fatte decantare, oggi voglio parlarvi della magia del Castello Lancellotti di Lauro dove ha trovato casa la storia di Didone + Enea, narrata nell’Eneide e fatta rivivere grazie alla bravura degli attori della compagnia teatrale Il Demiurgo.

Enea arriva sulle coste africane portato dal mare, quel mare che sa tutto e che non sbaglia, come ribadisce a più riprese la regina Didone.

Lui è tormentato dai dubbi e dai rimorsi, per non aver difeso a dovere la sua patria, Troia, e per non essere riuscito a salvare la moglie e il padre Anchise, ma, in Didone, trova una regina saggia e un cuore di donna pronto a battere di nuovo.

Didone vuole dare una possibilità a quello straniero venuto a lei dal mare ma, pur consapevole che stille di diffidenza e odio siano necessarie a governare, decide di fidarsi, sulla scia di quello che le pare un comune destino di esuli, mettendo all’angolo i due consiglieri subdoli e cospiratori, rappresentati non a caso sibilanti come delle serpi.

Offre a Enea una casa e la possibilità di una nuova vita, inimicandosi persino il suo popolo, sempre fedele e devoto.

Ma i fantasmi del passato tornano ad assilare la mente dell’eroe, vittima della propria meschinità, delle proprie fragilità, mancanze e occasioni perse e lo inducono a riprendere il mare, guidato dal Fato, il volere degli dei, dall’onore e, in fondo, da un desiderio di gloria.

Contrariamente all’orginale virgiliano, il Demiurgo riesce a umanizzare la figura del naufrago troiano. I due protagonisti, infatti, stanno per sposarsi e si amano, ma quello che è a tutti gli effetti un antieroe è colto dai sensi di colpa e anche da una fame di riscatto. Questo aspetto, anzichè innalzarlo, lo rende ancora più piccolo e meschino, di fronte alla grandezza etica e alle scelte tenaci e coraggiose della regina Didone. Anche il fantasma della prima moglie, d’altronde, nel ricordargli i suoi doveri verso il figlio, cui spetta un futuro da re, lo pungola rammentandogli gli esiti nefasti del suo egoismo e della sua codardia.

La regina fenicia di fronte alla caduta delle illusioni, ceneri delle sue speranze, condanna e maledice l’amato, ormai rivelatosi solo un estraneo troiano, vaticinando guerre e odio imperituro tra le loro stirpi , e fa accendere una pira, prendendo solo su di sè le conseguenze derivanti da una scelta sbagliata, con la dignità di una donna e la fierezza di una regina.

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