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Donne e uomini dell’arte a Napoli e in Campania: ‘Cultura a Colori’ intervista Gennaro Patrone

Riservato, eclettico, Gennaro Patrone con il suo teatro, i suoi quadri  sculture è una delle figure artistiche napoletane più  interessanti oggi a Napoli

Quest’oggi intervistiamo Gennaro Patrone, artista napoletano, nato nella “Sanità”, nel cuore della città, quartiere nel quale Gennaro ha tuttora il suo studio, a due passi dal museo archeologico e un tiro di schioppo da quello di arte contemporanea, il “MADRE”. Patrone è un personaggio schivo e schietto, aperto e solare pur senza quella travolgente estroversione, talvolta eccessiva, che di solito caratterizza attori ed uomini di spettacolo. Raggiungiamo telefonicamente Gennaro che con molta cortesia acconsente a rispondere alle nostre domande.

La registrazione integrale dell’intervista è disponibile, cliccando qui, sul podcast dell’ internet radio di Juna e Marco Arte.

Di solito la domanda di apertura èquando nasce per te la passione per il teatro o il canto o la pittura eccetera”. Tuttavia in questo caso non è possibile indicare di primo acchito l’arte di riferimento del nostro protagonista perché Gennaro è uno degli artisti più eclettici che mi sia capitato di incontrare. Mi tocca dunque chiedere, genericamente:quando nasce per te la passione per l’arte e che cosa l’ha in qualche modo innescata ?”

In realtà ho sentito la necessità di esprimermi artisticamente fin da piccolo. Cominciai fin dalle elementari dedicandomi al disegno, sostenuto in questo dalla mia maestra, al punto che in quinta organizzai la mi prima ‘personale’ con ben cinquecento disegni”.

Questa risposta di Gennaro concorda in maniera sorprendente con quella dataci la scorsa settimana, alla stessa domanda, da Gianni Sallustro, altro importantissimo uomo di teatro del panorama partenopeo, nel corso dell’intervista rilasciataci la scorsa settimana. Sembra dunque fondamentale la preparazione in campo artistico degli operatori scolastici fin dalle scuole primarie, affinché i giovani talenti vengano scoperti e sostenuti e non si corra il rischi che si perdano per l’insensibilità o la poca dimestichezza con l’arte di maestri e insegnanti.

Dunque un incontro fortunato in giovane età ti ha portato su un percorso di studi artistici che ti ha permesso di coltivare il tuo talento di pittore e scultore, diplomandoti all’Accademica di Belle Arti di Napoli. Sei anche un make-up artist molto richiesto tanto teatrale quando cinematografico, un autore di teatro e, naturalmente, attore e formatore in ognuna di queste discipline. Dimmi, in quale di queste vesti ti senti maggiormente a tuo agio?

In realtà tra i diversi linguaggi vi è poca differenza, si tratta di modalità espressive in qualche modo integrate: la base di tutto è l’immaginazione. Ciò che da essa emerge può essere fissata in un testo, un copione o una poesia, o visualizzata in un disegno o una pittura o ancora cristallizzata nella creta. Può essere oggetto di una interpretazione. Anche il trucco mi permette di dare corpo a immagini che esistevano solo nella mia mente. Tanti linguaggi dunque per un unico scopo: esprimere ciò che ho dentro e che voglio comunicare all’esterno”.

Dicci qualcosa del tuo teatro”

Sono arrivato al teatro relativamente tardi, intorno ai vent’anni, iniziando come interprete, facendo imitazioni di personaggi famosi, il che mi ha condotto a performance di improvvisazione. I risultati sembravano incoraggianti per iniziato a studiare, mentre ancora frequentavo l’Accademia di Belle Arti, in particolare il teatro di improvvisazione. Ho cominciato a lavorare in alcune compagnie teatrali e il passaggio alla scrittura è stato abbastanza naturale, visto quella sinergia di modalità espressive di cui ti parlavo prima e a cui ora si aggiungeva il linguaggio del teatro”.

Sempre restando nel campo teatrale, quali incontri e collaborazioni sono stati particolarmente fecondi per la tua formazione e la tua carriera?

Sicuramente il mio primo maestro, Carlo Puzio. Poi devo molto alla collaborazione con la grandissima attrice Nuccia Fumo, che incontrai all’inizio della mia carriere come attore professionista. E poi Marina Confalone, con la quale ho lavorato anche in qualità di truccatore, e i tanti, tanti altri compagni d’avventura: da ognuno ho preso qualcosa che mi ha completato, arricchito come uomo di teatro

Il tuo teatro, Gennaro, riserva uno spazio particolare alla maschera di Pulcinella. Cos’è per te Pulcinella ?”

Per me Pulcinella è studio continuo, è ricerca senza fine, come senza fine è l’arte stessa, la pittura, la scultura… lo studio ti porta a scoprire nuove sfaccettature, nuove sfumature della maschera. Questa comprensione sempre più intima e profonda comporta inevitabilmente una fusione tra il personaggio e l’attore che lo studia, che ne approfondisce gli aspetti. Nel mio caso le affinità con la maschera sono amplificate dalla mia napoletanità, che è un aspetto forte del mio carattere, e dall’amore che ho per la commedia dell’arte, di cui Pulcinella è uno dei protagonisti. Il teatro delle maschere è un teatro fatto sì di dialoghi ma anche di espressione corporea, quasi come se il corpo dell’interprete si trasformi in una scultura in movimento.

Hai usato, caro Gennaro, un’espressione alquanto controversa, ‘Napoletanità’, per cui ti chiedo cosa rappresenta per te la napoletanità e, in generale, cosa rappresenta Napoli per te ?”

In qualche modo la napoletanità e la maschera di Pulcinella vanno a braccetto. Il popolo di Napoli, come Pulcinella, è sarcastico, pungente nei confronti del ricco e del potente, orgoglioso della propria povertà. Ho fatto mio, nei miei spettacoli, questo atteggiamento di ribellione e di critica nei confronti del potere che è proprio della maschera di Pulcinella e che, dunque, è caratteristica principale di questa famosa napoletanità nella quale alla fine si identifica la maschera. Lazzi, frizzi e calembour hanno, per Pulcinella e per il mio teatro, sempre un fine ‘didattico’, intendono sempre trasmettere un insegnamento, una morale”.

Il Gennaro Patrone artista potrebbe sopravvivere in un’altra città?”

Assolutamente no”

Perché ‘no’ ?”

Perché io nel mio lavoro parto sempre dalle mie radici, e le mie radici sono qui.”

Fare arte a Napoli, oggi, quali sfide e difficoltà impone a chiunque voglia fare arte in questa città ? E, per contro, quali vantaggi offre ?”

Difficoltà tante, è difficile vivere d’arte in questa città. Si è però ricompensati dall’amore con cui la città ripaga chi la ama

Quali sono i tuoi programmi per l’immediato futuro?”

Il primo e il due febbraio sarò al teatro ‘ScugnizzArt’ e riporterò sulla scena ‘Fobialoghi’, un lavoro tratto da storie vere, di cui, stavolta, interpreterò personalmente, a differenza del passato, il monologo ‘La cura’, mentre l’altro monologo, ‘Maria Addolorata’ sarà affidato a Paola Nappi. Lo ScugnizzArt è un teatro piccolo ma sono proprio i piccoli spazi quelli che preferisco, dove si può avvertire maggiormente la vicinanza, la comunione con ilpubblico”.

Ringraziamo Gennaro Patrone per la sua cortesia. Da parte nostra saremo ben lieti di assistere a questa nuova edizione di ‘Fobialoghi’, una dura introspezione sull’alienazione ed il disagio mentale. Vi invito ancora una volta ad ascoltare la versione integrale dell’intervista dalla viva voce del protagonista, in podcast sulla internet radio di Juna e Marco e vi lascio con un arrivederci a presto qui, sempre su Cultura a Colori. Ciao !

Immagini a cura di Juna Lieto. Le maschere impiegate sulla scena sono opera di Gennaro Patrone

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