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Donne e uomini dell’arte a Napoli e in Campania: ‘Cultura a Colori’ intervista Gianni Sallustro

Autore, attore, regista e formatore Gianni Sallustro ci parla  del suo teatro.

Incontriamo Gianni Sallustro nella sua Accademia, in Via Ferrovie dello Stato ad Ottaviano. Gli abbiamo rivolto alcune domande circa il suo modo di essere uomo di teatro, cinema e televisione in questo nostra epoca.

Quando e come nasce in Gianni Sallustro la passione per il teatro ?
“Nasce a scuola, fin dalle elementari. Ero naturalmente portato per la recitazione, non condividevo i normali interessi dei ragazzi per il calcio e lo sport. Allora creavo dei personaggi, dei ‘me’ alternativi, nei quali mi immedesimavo e ciò mi consentiva, paradossalmente, di realizzare e consolidare la mia identità reale. Ho avuto fin da piccolo insegnanti in grado di individuare correttamente le mie inclinazioni, le mie passioni latenti, indirizzandomi nella giusta direzione. Quindi ancora piccolo sono stato avvicinato alla recitazione, al canto ed anche alla danza. E’ fondamentale avere buoni operatori nelle scuole pubbliche quanto in quelle private affinché i giovani e giovanissimi vengano correttamente indirizzati, facendo venire alla luce ed assecondando le propensioni connaturate in ognuno. Io ho avuto questa fortuna. Da lì ho iniziato a lavorare con costanza su questa mia passione naturale, fino ad entrare, all’epoca in cui frequentavo il liceo classico, in una compagnia amatoriale, ‘Il bacherozzo’, fondata da altri ragazzi della mia età come me come Luigi Acquaviva e Francesco De Carolis”.

E’ stato facile seguire il percorso artistico che si apriva davanti a te ?
“Assolutamente no, purtroppo. Recitare è stata una vera conquista, una sfida alla difficoltà di comprendere da parte dei miei amici ma nella quale ho avuto, d’altro canto, il sostegno prezioso ed incondizionato della mia famiglia. Oggi le cose sono diverse ma, negli anni ’70, coltivare passioni come la recitazione ti esponeva fatalmente all’incomprensione e alla derisione dei tuoi coetanei per la maggioranza dei quali non esisteva altro che lo sport ed il calcio in particolare. I miei interessi erano considerati da deboli soprattutto da parte dei ragazzi più grandi, gli adolescenti, che consideravano il recitare una perdita di tempo. Io ero uno di quelli che facevano le recite, un termine che detesto da allora, insieme alla parola saggio. Sono vocaboli che personalmente trovo riduttivi, in qualche caso impiegati con intento derisorio, e sicuramente inadeguati a definire l’attività che si svolge facendo teatro”.

Bene. Ora sei un attore professionista, un drammaturgo, un regista e un formatore e tanto altro ancora. In quale di questi ruoli ti identifichi maggiormente?”
“Non è facile a dirsi. Nel cimentarmi in ognuno dei ruoli che hai citato in realtà io porto avanti un unico discorso. E’ lo stesso seguire questa passione, che è anche lavoro e spesso sacrificio, per il teatro e la recitazione che ti spinge, ti conduce fatalmente ad assumere una molteplicità di ruoli, ad essere ora un attore drammatico, ora un attore brillante o di musical e poi regista, doppiatore e poi autore e poi ancora formatore: in realtà è un unico flusso di energia creativa che si dirama lungo tante direzioni ma che è sempre un’unica grande entità. In realtà fare teatro o cinema è un lavoro duro che impone uno studio continuo. Dopo una laurea in commercio internazionale ci voleva un pizzico di follia per darsi completamente all’arte attoriale e per me quel pizzico di follia c’è stato, complice anche la giovane età. Da quel momento, teatro e cinema sono stati la mia costante, l’aspetto principale di tutta la mia vita che mi hanno portato non solo a lavorare in quell’ambito ma anche ad approfondire le mie conoscenze, frequentare master universitari e prendere una seconda laurea, questa specifica per la mia attività. Uno degli sbocchi inevitabili di tutto ciò è stato intraprendere anche l’attività di formatore per poter comunicare tutto quanto ho appreso nei miei anni di attività e di studio e che tuttora apprendo alle nuove leve. E’ una parte del mio lavoro che trovo, tra l’altro, particolarmente istruttiva: insegnare ad allievi motivati e ricchi di energia e voglia di fare comporta sempre un ritorno, un instaurarsi di un circolo virtuoso di reciproco scambio conoscenze e nuovi spunti di riflessione tra docente e discente”.

Tornando a parlare di Gianni Sallustro attore, autore e regista, quali sono gli incontri, le collaborazioni che ti hanno maggiormente arricchito, che ti hanno lasciato il ricordo più profondo?
Devo dire di avere avuto la fortuna di lavorare con alcuni dei grandi di quest’arte, e mi rammarico che molte di queste figure così profonde e carismatiche oggi siano scomparse senza che ne siano emerse altre di pari spessore. Ho lavorato con Massimo Ranieri, con Michele Placido, Gabriele Lavia e Monica Guerritore, Roberto De Simone, Antonio Calenda, un regista straordinario, con Antonio Capuano… davvero tante collaborazioni con grandi maèstri. Mi sono formato in un genere che è tipicamente italiano ma che è alle origini del teatro in tutto il mondo, sto parlando della commedia dell’arte, con il maèstro Antonio Fava, grazie al quale, tra l’altro, ebbi l’onore di conoscere e collaborare con Dario Fo, premio nobel per la letteratura nel 1997, al termine di un periodo lungo circa due anni nel corso del quale avevo partecipato ad oltre dieci fiction Rai e Mediaset, come Un Posto al Sole, Un Medico in Famiglia, La Squadra, Carabinieri, Sette Vite ed altre. L’incontro con Dario Fo, agli inizi degli anni 2000, fu il coronamento di un sogno. Ma sono legato anche ad un altro grandissimo personaggio, anch’egli purtroppo oggi scomparso, Michele Del Grosso che con il suo TIN, Teatro Instabile di Napoli, è stato uno dei massimi esponenti del teatro e della cultura napoletana nel mondo a partire dalla seconda metà degli anni settanta. Un personaggio ruvido, difficile ma dalla grande umanità. Ho lavorato molto con Michele, il personaggio più geniale, il più folle, creativamente folle, un personaggio che non ha avuto il riconoscimento che meritava proprio per il carattere di cui parlavo in precedenza, il suo essere schivo, il suo essere schietto e diretto. Da questa collaborazione lunga vent’anni sono nati lavori per me molto importanti, come Caravaggio mette in scena Caravaggio, La Moglie ebrea di Brecht, La Cantata dei Pastori, La gatta cenerentola e tanti altri, opere che sono state successivamente di ispirazione per tanti autori. E poi Mater camorra e i suoi figli, trasposizione e trascrizione in napoletano di Madre coraggio ed i suoi figli di Bertolt Brecht, un lavoro drammatico, duro, dedicato a tutte le vittime innocenti della malavita organizzata, che ho scritto nel 2001 con lo stesso Del Grosso e con Nicla Tirozzi, cui hanno fatto seguito negli anni i lavori di Saviano e di altri. Ecco, un’altra delle cose che si possono dire di Michele Del Grosso è che per tutta la sua vita è stato un precursore, uno di quei personaggi illuminati che precorrono la storia e gli eventi. Ora che Michele ci ha lasciati e che ho la disponibilità per una parte dell’anno del TIN, il suo teatro, ho tra i miei progetti quello di riproporre i lavori di Michele Del Grosso e terminare e mettere in scena quei lavori che Michele non ha avuto il tempo di finire”.

Parliamo ora dell’Accademia Vesuviana del Teatro e del Cinema
“L’Accademia nasce nel 2007 ad Ottaviano, una scelta precisa dato che è il paese in cui sono nato e cresciuto,  come logico sbocco di quelle istanze formative che, come detto prima, sono nate in me come logica conseguenza dei miei studi, delle mie esperienze e delle mie ricerche in ambito teatrale, cinematografico e televisivo. L’offerta didattica dell’A.V.T. si rivolge a bambini, ragazzi ed adulti ed offre ai suoi allievi la formazione in tutte le discipline la cui conoscenza è necessaria a chi voglia affrontare seriamente il mestiere di attore o una delle tante figure professionali che ruotano intorno al mondo dello spettacolo. Quindi l’allievo studierà recitazione, ovviamente, ma anche dizione, speakeraggio, doppiaggio, regia, canto, danza e mimo corporeo. Tra i nostri docenti vi sono personaggi del calibro di Massimiliano Rossi e Luca Gatta, entrambi attori, e il regista e autore Raffaele Ceriello. Ciò che è necessario che sia ben chiaro a chi si iscrive ai nostri corsi ed ai genitori che accompagnano qui i loro figli è che all’Accadademia Vesuviana del Teatro e del Cinema si lavora duro, con serietà e che scopo dei nostri corsi è quello di formare professionisti dello spettacolo. D’altra parte è un lavoro che ripaga, come testimonia il numero di riconoscimenti ottenuti dalle opere prodotte dalla A.V.T. ed interpretate dai suoi allievi. Come, ad esempio, il doppio colpo messo a segno nell’edizione 2017 del festival teatrale ‘FringeHart’ nel quale il lavoro presentato, ‘Le felicissime peripezie amorose di Pullecenella Citrullo’, è stato premiato come miglior opera e per la miglior attrice. O l’attestato di benemerenza per la legalità rilasciato all’A.V.T. nel 2012 dalla Polizia di Stato, o anche l’inserimento nel 2015 dell’Accademia nella biblioteca digitale sulla camorra e cultura della legalità dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. E non dimentichiamo il premio ‘Eccellenze Campane‘ che ci è stato assegnato nel 2017 proprio dal magazine ‘Cultura a Colori’ “.

Per finire, parlaci del Premio Talentum

“Il premio Talentum è nato tre anni fa circa da un’idea mia e della giornalista napoletana Roberta D’Agostino, sviluppata successivamente con l’aiuto dell’architetto Marcello Radano, autore anche dell’identità grafica dell’iniziativa. Scopo del premio, suddiviso nelle categorie spettacolo, medicina, sport, sociale, giornalismo, cultura e giovani, è di dare il nostro supporto alle tante eccellenze di cui il nostro territorio è ricchissimo ma che troppo spesso non trovano il giusto e meritato riconoscimento. Da una costola del premio Talentum è nata la Talentum Productions, diretta da Marcello Radano, con lo scopo di realizzare produzione teatrali e tele-cinematografiche attingendo al già citato notevole, vastissimo patrimonio del nostro comprensorio di giovani ricchi di talento ma che non trovano la giusta opportunità di realizzazione. Una della prime produzioni della Talentum è stata “L’eredità”, cortometraggio diretto da Raffaele Ceriello ed interpretato dal sottoscritto, da Massimiliano Rossi, da Nicla Tirozzi, Lucianna De Falco, Laura Borrelli e vari allievi dell’Accademia. Il lavoro è stato premiato al Picentia Short Film Festival”.

E con questo salutiamo il nostro amico Gianni Sallustro ringraziandolo per la disponibilità. A voi diamo appuntamento a lunedì prossimo. Un caro saluto dal vostro Antonio ‘Marco’ d’Avino.

Le immagini a corredo dell’articolo sono state gentilmente fornite da Gianni Sallustro/Accademia Vesuviana del Teatro e del Cinema.

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Cultura a Colori