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Accadde oggi, il fascismo contro le parole straniere (1929)

Il regime fascista bandisce le parole straniere da ogni comunicazione scritta e orale. Fino al crollo della dittatura, d’ora in poi la parola d’ordine sarà “italianizzare”.

La lotta del fascismo contro i forestierismi di ogni tipo, si inserisce in una più ampia politica linguistica che venne adottata dagli anni ’20 fino quasi alla fine della guerra (1943).

Il 23 luglio 1929 il fascismo bandì  l’uso dell’inglese nella lingua scritta e parlata.

Per realizzare un breviario delle parole italianizzate venne istituita una apposita commissione dell’Accademia Reale d’Italia, destinata “all’alta cultura e al controllo degli intellettuali più rappresentativi”.

Per i forestierismi, considerati dannosi per l’identità nazionale, si rese necessaria la loro traduzione e sostituzione con equivalenti termini italiani che, se non presenti, dovettero essere creati.

Basta con gli usi e costumi dell’Italia umbertina, con le ridicole scimmiottature delle usanze straniere…“. Con questi principi il fascismo bandì tutte le parole straniere e dichiara l’autarchia del lessico italiano. Inizia l’italianizzazione di parole come sport, garage o taxi che diventano educazione ginnica, rimessa e tassì.

Ecco i marrons glacés che diventano ‘castagne candite’, il barman diventa ‘mescitore’ e il bar, di conseguenza, ‘quisibeve’. E via di seguito: “mélange?” via, meglio ‘miscela’ e il sandwich diventa ‘traidue’, il purè ‘poltiglia’ e il cocktail ‘polibibita’.

Per fortuna, come in molte manifestazioni “culturali” del fascismo, anche queste novità vennero accolte solo in occasioni ufficiali e con atteggiamento di facciata, nel dopoguerra i neologismi presi da linguaggio straniero dilagarono.

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