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Gianluca Masone, non “solo attore”, ma “diffusore di cultura” per i giovani

Solare, gentile, sempre disponibile e… napoletano. È il profilo di Gianluca Masone, l’artista che abbiamo incontrato per una chiacchierata sull’importanza della formazione teatrale nell’ambito della crescita scolastica.

A teatro con… Gianluca Masone

Gianluca si è diplomato nel 2000 come attore all’Accademia di teatro Politeama di Napoli. Nella sua carriera, però, ha scelto di rappresentare la cultura a 360°, sempre curioso e attento al mondo dei giovani. Oltre che attore, è regista, conduttore e scrittore. La sua vera passione, però, resta il contatto diretto coi giovani, i suoi ragazzi che popolano i laboratori di cui è docente. Ogni volta che parliamo dei suoi alunni, il volto si illumina e la voglia di “dare sempre di più”, traspare da ogni sua parola. Perché la cultura è di tutti e Gianluca ha un desiderio, quello di far conoscere il teatro a chi non l’ha mai praticato, di scuotere le coscienze, di creare una possibilità, ma soprattutto di dare una mano a chi vuole costruire il proprio futuro.

Un caffè al volo e inizia la nostra intervista.

Hai iniziato a lavorare nel mondo della formazione nel 2003, cosa è cambiato oggi in questo campo?

<<Partiamo col dire cosa è cambiato in me. Si cresce molto, a mio avviso, formare gli altri significa formare anche se stesso arricchendo il proprio bagaglio di esperienze di vita, oltre che culturale e formativo. Quando ho iniziato a condurre i laboratori teatrali nelle scuole, i ragazzi non avevano ancora tutte le “distrazioni” che hanno oggi. Durante la lezione, il loro unico interesse era seguire attentamente ciò che spiegavo, per poi ripeterlo con l’obiettivo di non sbagliare. Col passar del tempo, nel loro quotidiano, si sono inseriti dei ritmi frenetici e qualche distrazione in più. Questo però, per fortuna, non ha ‘addormentato’ la loro curiosità e voglia di mettersi in gioco spingendoli a fare domande a cui, noi adulti, abbiamo il dovere di rispondere con intelligenza e, soprattutto, competenza.>>

Oggi si è un po’ “tuttologi”

<<Sì, forse la società ci vuole così. Non generalizzo, però, credo che oggi, in alcuni casi, sia un po’ venuta a mancare l’umiltà che ci dava la consapevolezza di non sapere quel determinato argomento, spingendoci a studiarlo e approfondirlo prima di rispondere. Oggi, invece, si ha la sensazione che tutti debbano saper o poter rispondere a qualsiasi domanda per non sentirsi “esclusi” in certi ambiti. Ammettere di non sapere qualcosa, secondo me, è un “atto di coraggio” che spinge ad ampliare le proprie conoscenze.>>

Cosa vuol dire per te insegnare ai ragazzi e perché puntare sui giovani?

<< Insegnare ai ragazzi per me significa ‘scuotere’ la loro sfera più sensibile, attraverso provocazioni ‘culturali’ che risvegliano i loro sensi, agitando le più svariate e profonde emozioni. Puntare sui giovani, a mio avviso, vuol dire agire sul presente per costruire un futuro sempre migliore. Per fare ciò, credo sia necessario che la precedente generazione lasci il “testimone” alla mia ormai adulta permettendoci dapprima di arricchirlo con nuove esperienze, per poi consegnarlo all’attuale generazione quando sarà cresciuta. E’ la continua consegna di un qualcosa che ‘si arricchisce’ sempre più di generazione in generazione. Tra le responsabilità che abbiamo noi verso l’attuale generazione colloco quella di capire quali siano le abilità dei singoli ragazzi e aiutarli a crescere anche in quel senso. Ad esempio, i ragazzi che incontro quotidianamente per la formazione hanno una grande energia e voglia di mettersi in discussione. Sono ragazzi ‘vivaci’, svegli, con tanta voglia di fare e allora occorre scendere attivamente in campo mettendosi in gioco con loro, perché i sogni e le abilità dei giovani devono essere continuamente stimolati e non addormentati.>>

Perché hai scelto di fare formazione e non limitare la tua attività al lavoro personale di attore e regista?

<<La formazione mi ha scelto. Il mio percorso di insegnamento è iniziato in una quinta elementare, poi tutto è venuto da sé, in maniera naturale. Sono attore e regista come dici, però, sento di essere più di ogni altra cosa un “diffusore di cultura”. Ai laboratori, per esempio, lo studio non si limita al testo teatrale. Prima di arrivare alla pratica, c’è tutto un lavoro dietro. Si parte dallo studio dell’autore e si analizza il suo pensiero, poi si passa alle singole battute e al loro senso più intimo e reale. In questo modo riesco a motivare i ragazzi ad avvicinarsi a qualcosa di complesso, ma bellissimo.>>

Ci sono delle difficoltà che incontri nell’insegnare oppure no?

<<Le difficoltà si incontrano e come, ma si superano sul campo da entrambe le parti. Quando si fanno progetti con le scuole il fine ultimo non è formare l’attore, ma riuscire a dare competenze e strumenti utili per la comunicazione e la crescita del ragazzo, che altrimenti non riuscirebbe a ottenerli da un comune percorso scolastico col docente. Lo scopo vero è di natura pedagogica ed è scuotere le coscienze. E quando riesci a farlo è sempre una grande vittoria.>>

C’è qualcosa che dici sempre ai tuoi alunni che ti ‘confessano’ di voler fare gli attori?

<<Vuoi fare l’attore? Ok, rimboccati le maniche e non avere paura! Bisogna prepararsi ed essere determinati. Dico sempre che non bisogna mai improvvisarsi, ma specializzarsi. Anche per fare l’attore si studia tanto, non solo per gli altri mestieri. Poi, oggi più che mai, c’è bisogno di una buona dose di faccia tosta. Infine, non bisogna distrarsi dal proprio obiettivo, ma crederci fino in fondo. E quando è riconosciuto il talento, non bisogna aver paura delle “porte in faccia” che si ricevono, anzi, quelle esperienze devono fortificare chi le riceve.>>

Secondo te l’arte è libertà o è libera?

<<Dipende da che punto la vogliamo vedere. L’arte ti da la possibilità di esprimerti, ma non credo sia sempre libera fino in fondo. A volte potrebbero nascere dei meccanismi particolari, che potrebbero ingabbiare arte e artista in un ‘sistema’ non condiviso. Quando non sposo questo modo di vedere le cose, lascio perdere: voglio sempre essere me stesso ed esprimere quello che sono.>>

Sei sia regista che attore, come fai coesistere queste due entità? C’è qualcuno dei due ruoli che prevale più dell’altro?

<<Forse a prevalere è il regista, soprattutto nei laboratori, visto che al termine del percorso formativo c’è una performance diretta da me. Essere attore mi piace perché nell’avvicinarmi a nuovi personaggi e interpretazioni, scopro il mio mondo interiore. Quello del regista, però, è un ruolo molto più complesso e che mi affascina tanto. È quella disciplina artistica che ti porta a vivere il teatro a tutto tondo. Dal taglio che vuoi dare al testo al messaggio che vuoi far arrivare al pubblico, poi ci sono: disegno luci, scenografia, trucco e parrucco. In alcuni spettacoli che ho fatto in passato sono stato sia attore che regista, questo mi divertiva, anche se rende tutto molto più complicato. Per intenderci, mi capitava di entrare in scena sempre alle generali o addirittura proprio alla prima, perché dovevo vedere lo spettacolo dall’esterno.>>

C’è un personaggio che hai interpretato da attore e che ti è rimasto nel cuore?

 

<<Ogni spettacolo mi ha dato la possibilità di sperimentarmi sotto ogni punto di vista. Un personaggio che non pensavo di riuscire a fare, ma che mi ha stravolto la vita, è stato Pulcinella. L’ho sempre vista come una maschera particolare che solo i grandi hanno fatto e possono fare. Poi c’è stato Edipo, “La macchina infernale” di Cocteau, che riuscii a tradurre in linguaggio multimediale, nonostante si tratti di una tragedia classica, ovviamente senza tradirne lo stile e il linguaggio. Tuttavia, il primo amore non si scorda mai, quindi, se devo scegliere un personaggio che mi è entrato nel cuore penso subito alla mia prima rappresentazione all’Accademia del teatro Politeama, ossia “Giovanna D’Arco”. È una figura storica che mi affascina. Nella vita di tutti i giorni, mi piace vedere quelle donne che lottano fino in fondo per i propri diritti e la propria libertà.>>

 

Tra le altre cose sei stato anche conduttore di format culturali trasmessi sul web. L’arte non ha limiti secondo te?

<<Per me l’arte deve essere vissuta a tutto tondo e deve divertire, i format di cui sono stato ideatore e conduttore in passato hanno espresso il mio amore per i salotti televisivi, fatti di interviste, in particolare. E anche attraverso i miei format cercavo di essere tra i ‘fari’ che illuminavano le giovani e nascenti realtà artistiche.>>

Se adesso dovessi raccontare la tua città, Napoli, ai lettori di “Cultura A Colori” cosa diresti?

<<Napoli, non voglio dirlo come luogo comune, ma è straordinaria e bellissima. Ha delle caratteristiche che emozionano e coinvolgono. È la città che mi rispecchia per le mie origini, ma anche perché ha tanti volti: quello che ti fa sorridere, quello che ti fa piangere e quello che ti fa riflettere. Un po’ quelle che sono le emozioni tipiche dell’ambiente teatrale. Proprio come il teatro, Napoli ti da la consapevolezza da ogni punto di vista.>>

Fai tantissime cose… e nel tempo libero, quello che rimane, cosa fai?

<<Lo dedico agli affetti. Famiglia, amici e me stesso. Mi piace passeggiare e stare in bella compagnia. Mi accontento delle piccole cose che, però, mi riempiono l’anima e mi fanno stare bene.>>

C’è qualcosa che ancora vorresti fare? Parlaci dei tuoi progetti e sogni nel cassetto.

<<A questa domanda spero di poter rispondere coi fatti molto presto. È sempre legata a quello che ci siamo detti in quest’intervista e riguarda la formazione, soprattutto di giovani e bambini. È un progetto che coltivo da un bel po’ e tutto ciò che faccio è sempre in relazione a questo desiderio che voglio concretizzare. I tempi sono lunghi, ma non demordo e sono convinto di potercela fare.>>

 

Gianluca, grazie per la tua disponibilità da parte di “Cultura A Colori”, un grande in bocca al lupo per tutti i tuoi numerosi progetti da “diffusore di cultura”.

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