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Fake news: ecco come difenderci

Al giorno d’oggi siamo sempre più sommersi da fake news. Aggiornamenti di stato di contatti che non gradiamo, messaggi razzisti, noiosi o irritanti che inondano le nostre bacheche. Facebook ci da la possibilità di silenziarli, con Snooze.

Proprio come fanno già whatsapp e telegram, per 24 ore, una settimana o un mese avremo la possibilità di zittire gli amici fastidiosi. Nella speranza che le persone capiscano, che una notizia, se è interressante per loro, non lo è necessariamente anche per gli altri. Più complicato è il caso contrario quando le notizie risultano veramente interessanti ma sono delle notizie false. Le fake news al giorno d’oggi abbondano e spesso non si sa a cosa credere. Già nelle scorse elezioni americane, il Presidente Obama avvertì Zuckerberg che la sua piattaforma stava favorendo le elezioni di Trump, grazie alle fake news, e che era necessario trovare una soluzione a questo problema, che sarebbe andato sempre più crescendo. Per questo la Fair, l’unità di Facebook per la ricerca sull’intelligenza artificiale, ha fatto ricerche  per  utilizzare i bot, come dei segugi, per scovare  le notizie false e correggerle. Un tentativo in tal senso era stato fatto dalla Microsoft con Tay, il bot lanciato come esperimento di conversazione automatica. Fu un’esperienza fallimentare che durò appena 24 ore. Tay imparò a dire le “parolacce”. Subissato di commenti razzisti e volgari iniziò a rispondere allo stesso modo e dovette essere “spento”. Un caso di successo invece è stato Wahlbot (voto-bot), lanciato dal broadcaster Orf in occasione delle ultime elezioni austriache, per informare e rispondere a domande sui dati elettorali in tempo reale, limitando la diffusione di inesattezze. Simile è l’idea di Loudemy.com. Proposto da Selene Biffi startupper seriale oltre che consulente  Onu. Questo progetto è stato lanciato per aiutare gli utenti a sviluppare dei  bot conversazionali per contrastare la disinformazione in rete. L’idea è stata elaborata dopo un attacco terroristico in Afghanistan e le successive informazioni errate e l’ondata di violenza sul web che ne era conseguita. Data l’impossibilità di rispondere a tutti la Biffi iniziò a chiedersi come rendere automatiche queste risposte. Il sistema attraverso un algoritmo, fa un’analisi testuale e si esprime attraverso un bot utilizzando una serie di fonti che gli sono state indicate. Per ora funziona su Twitter, Facebook,  Youtube e Instagram in inglese, italiano, spagnolo e francese. La strada da fare è lunga ma ci sono buone possibilità di riuscita. I bot sono intelligenze artificiali e come tali imparano e si evolvono. Ormai scaricare un’applicazione sembra essere diventata un’operazione obsoleta. Perché farlo se è possibile fare una semplice domanda su facebook o su telegram. Esempio di aiuto concreto è @chiediapubliacquabot, un bot di Telegram, che ci da informazione sulla nostra utenza, comportandosi come un vero e proprio sportello pubblico virtuale. Per tutti gli utenti che usano correntemente il popolare canale social sarà sufficiente ricercare il Chatbot @ChiediAPubliacquaBot per avere informazioni su estratto conto, ultima fattura e monitoraggio richieste comodamente sullo smartphone.

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