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Joker: “put on a happy face”

La pellicola dedicata al più celebre villain di sempre, interpretato questa volta da Joaquin Phoenix, è stupefacente come l’avevamo immaginata, o forse anche di più.

Il film diretto da Todd Phillips vincitore del Leone d’Oro all’ultima edizione del Festival di Venezia scala le classifiche di tutto il mondo.

Siamo a Gotham City, l’anno è il 1981. La città è una New York anni Settanta, sporca e violenta in tumulto per una situazione politica prossima al collasso. In questo contesto troviamo la figura di Arthur Fleck professione clown a richiesta, la notte davanti alla televisione sogna di diventare un comico da stand-up comedy. Vive con sua madre, un tempo dipendente della famiglia Wayne, che guarda ammirata il suo ex datore di lavoro, Thomas Wayne, a cui scrive lettere d’amore e lo sostiene spassionatamente nella sua corsa a sindaco di Gotham. La città, infatti, è alla deriva tra povertà, criminalità e sporcizia.

Là fuori, come dentro Arthur, qualcosa sta per cambiare: il vortice di violenza e anarchia per le strade è in cerca del suo eroe, il suo Joker, a torto o a ragione sta per essere portato in trionfo, soprattutto dopo la sua apparizione in televisione.

Il Joker di Joaquin Phoenix prometteva di raccontare un Joker mai visto prima. Oggi, possiamo dire che il film ha mantenuto la promessa, arrivando perfino a superare le nostre aspettative.

La pellicola di Todd Phillips e Joaquin Phoenix sceglie di descrivere l’arco temporale che conduce Arthur da perdente al nostro Joker, o meglio: il punto di rottura dove Arthur Fleck, autentico reietto, relegato da sempre ai margini della società, libera per sempre quel patetico clown triste.

Tra i disturbi psichiatrici di Art c’è una sindrome davvero anomala: la risata patologica.

L’incredibile interpretazione di Joaquin Phoenix nella parte del Joker comincia proprio da questa risata incontrollabile, che esplode nei momenti più inopportuni. Una risata malinconica e penetrante, che nasconde il vero dolore che il protagonista ha dentro di sé.

Dalla risata allo sguardo, il volto di Joaquin Phoenix si modella nelle smorfie di Joker. Ma è il corpo quello che più sconcerta della sua performance. Arthur è pelle e ossa e mentre diventa Joker e asseconda la sua sfrenata passione per il ballo. E sulle note di That’s life di Frank Sinatra la sua trasformazione in Joker è ormai completa.

Più di Jack Nicholson e Heath Ledger, con i quali Joaquin Phoenix non sembra cercare affatto un confronto, il nuovo Joker potrebbe essere il fratello minore di Travis Bickle: il protagonista di Taxi Driver di Martin Scorsese.

La regia di Todd Philips sceglie un registro costantemente al limite col surreale e il grottesco, intriso di humor noir, eppure tra le righe della storia, si nota un’accusa alla società contemporanea, all’America di oggi, dove un uomo può scivolare nei recessi più oscuri del delirio psicotico senza alcuna assistenza medica, di cui possono usufruire solo i più ricchi.

Arthur diventa Joker perché il sistema non funziona e non lo aiuta; Joker è un figlio a tutti gli effetti del marcio della società. Arthur si ribella e diventa un simbolo.

In effetti la pellicola stessa di Phillips ti porta ad empatizzare con il personaggio, sottolinea come ogni data azione violenta di Arthur sia rivolta a chi gli ha fatto del male, lo ha provocato o accresciuto i suoi traumi psicologici. Sia in qualche modo giustificata e meritata, sia, almeno entro  un certo limite, giusta.

Todd Phillips, regista e sceneggiatore, insieme a Scott Silver, non manifesta un’idea chiara sul significato del film e in particolare sulla relazione di Arthur/Joker al contesto, apparente chiave di lettura del film. Joker, infatti, presenta una linea narrativa sommariamente delineata attorno alla vita di Arthur, un sottomesso, con un ambiguo rapporto con la madre, orfano di padre, con un lavoro misero, un futuro pieno di sogni e un passato di abusi. È vessato dalla criminalità urbana, dalla legge del branco, dai suoi stessi colleghi e da Murray Franklin, Robert De Niro, il quale, dopo aver visto il suo primo e unico spettacolo in un locale, lo invita nel suo seguitissimo talk show, per prenderlo in giro in diretta.

Montaggio, fotografia e colonna sonora in perfetta sinergia tra loro conferiscono alla pellicola un carattere moderno e poetico, magistralmente reso nell’ipnotica sequenza in cui il protagonista, lungo la strada verso gli studi televisivi, si abbandona a un’appassionata danza in slow motion, o nell’apocalittica sequenza finale, anch’essa accompagnata da una danza di trionfo, mentre Joker riceve il tripudio atteso da una vita sul cofano di un auto, circondato dalla folla esultante e sullo sfondo di una città in fiamme.

Incisiva anche la performance di Zazie Beetz, che interpreta la vicina di casa di Arthur,di cui il protagonista è innamorato. Frances Conroy, invece, è Penny, la madre del Joker, folle genitrice ed ex cameriera di casa Wayne che chiama il figlio Happy. Insomma un ottimo cast di supporto per un capolavoro coraggioso.

In definitiva il “Joker” di Todd Phillips è una pellicola che merita sicuramente la visione anche solo per la magistrale interpretazione di Joaquin Phoenix, protagonista assoluto dello schermo dal primo all’ultimo frame, e nella sua capacità di donare tante sfaccettature al personaggio sulla base degli altalenanti stati d’animo dello stesso.

That’s life!

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