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La volpe che amava i libri: 3 amici animali ci aiutano a riscoprire noi stessi

Mentre Nicola Pesce sta scrivendo il suo nuovo romanzo – una sorta di diario in cui confluiscono vari episodi della sua vita – in un profluvio di emozioni, di sensazioni e di riflessioni sempre profonde e mai banali, voglio condividere con voi alcune  riflessioni, emozioni e sensazioni che mi ha lasciato addosso, tra mente e cuore, un libro che mi è piaciuto tantissimo. Si tratta de La volpe che amava i libri, edito dalla casa editrice fondata dallo stesso Nicola.

L’antefatto: un dialogo costante e autentico

L’ho scelto, sull’onda di un dialogo in piú  fasi, perché Nicola riesce a instaurare con il lettore, attraverso lo strumento dei social, un rapporto quotidiano, molto intenso e costante. Avevo letto, infatti, su Fb sia piccole chicche tratte dal romanzo, sia i commenti di molti lettori. Il sentimento piú diffuso e condiviso è quello di tenerezza. Cosí mi sono ripromessa – e ho promesso all’autore – che appena fosse stato possibile lo avrei acquistato e letto.

Nel solco di un’antica tradizione

Il libro, innanzitutto, sin dal titolo mi ricorda me stessa per una delle mie grandi passioni. Inoltre, ricorda le favole di Fedro in cui ci sono degli animali fondamentalmente umanizzati attraverso i quali l’autore ha l’obiettivo di lanciare messaggi etici ai propri contemporanei, che poi diventeranno trasversali allo spazio al tempo. I protagonisti sono sono tre anime solitarie che diventeranno poi amici in maniera quasi casuale, per un concatenarsi di eventi contingenti.

I protagonisti

Si tratta della volpe Aliosha, della quale a volte autore parla al maschile, perché si tratta di un di una volpe che ha un’identità maschile. A volte l’autore vi si riferisce utilizzando il femminile per rispettare il genere della parola volpe. Incontriamo poi topolino Musoritz e il corvo Pitzia  Tutti e tre si ritrovano per varie ragioni nella tana di Aliosha, durante il freddo e lungo inverno siberiano e rappresentano vari stati d’animo e modi di essere dell’essere umano, forse dello stesso autore, tra potenzialità nascosti e demoni silenti o evidenti. Aliosha è una volpe che in parte rivendica il suo essere diversa dagli altri:  una volpe pensante e profonda, non interessata ai giochi e alle frivolezze dei suoi simili. Ma dall’altra cede alle pressioni del bisogno di appartenenza e desidera far parte di un gruppo e ricevere l’accettazione altrui. A questo proposito, ricorda l’episodio in cui, da piccola, ha deriso sua madre per non essere preso in giro dai suoi compagni. Nel tempo si è pentito ma questa azione gli pesa sulla coscienza e sulla memoria come un macigno. E’ un po’ l’atteggiamento che la volpe dimostrerà per tutta la sua vita tra  rimorsi e rimpianti, fino a decidere di viver con la sola compagnia dei libri nel suo isolamento. Poi c’è il topolino Musoritz che fondamentalmente è un reietto. è E’ l’ultimo nato di una grande cucciolata e non ha mai avuto l’amore dei fratellini, che l’hanno sempre considerato un estraneo, un infiltrato; nè dalla madre che ormai, quando arrivava il suo turno di mangiare, non aveva più latte da dargli ed era stremata. Quindi lui, mentre lei dormiva, si infilava sotto il suo braccio, nell’illusione che quell’abbraccio “rubato” fosse un abbraccio voluto e condiviso. Lui troverà la sua umana amorevole, ma anche in quel frangente ci sarà un motivo di incomprensione e di dolorosa frattura. Invece il corvo Ptizia rappresenta forse il più ostico e duro dei tre, il più burbero; il più disilluso e scontroso. Ma dietro la corazza e le apparenze  rivela dei tratti di grande umanità, saggezza e pietas. Più degli altri ha visto il mondo e ció gli ha consentito di maturare una profonda consapevolezza e una serie di riflessioni sulla condizione umana. Quindi è quello che in maniera più consapevole può decidere di “fermarsi” dalle sue peregrinazioni e scegliere il suo posto nel mondo, perché ne ha conosciuti davvero altri.

Uno stile fluido e mai banale

La scrittura di Nicola scorre fluida, semplice e ricercata insieme, con il ricorso a termini poco noti e aulici, ricca di approfondimenti  sulla cultura, in particolar modo russa. Nicola apparecchia una sorta di “tavola narrativa imbandita con leccornie”,  apparentemente pensata per i bambini, come era nel caso delle favole di Fedro, all’interno della quale si nascondono messaggi profondi che parlano ai vari strati della coscienza di tutti noi.

Una piccola anticipazione

Alla mia recensione seguirà, nei prossimi giorni, un’ interessante intervista con l’autore. Un modo per scambiarci, attraverso una serie di domande, punti di vista e riflessioni, a volte  non perfettamente allineati, com’è giusto, bello e arricchente che sia.

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