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“Ragazze sole con qualche esperienza” di scena al San Ferdinando

Amore, eros, violenza e sangue, incastonati in una tragica ma esilarante condizione di solitudine, fanno da sfondo a Ragazze sole con qualche esperienza, il testo del 1985 di Enzo Moscato – figura di spicco del teatro contemporaneo e capofila della nuova drammaturgia napoletana insieme ad Annibale Ruccello – che debutterà in prima nazionale per la regia di Francesco Saponaro il 20 dicembre con repliche fino al 7 gennaio al Teatro San Ferdinando.

Nello spazio ideato dallo stesso Saponaro, con i costumi di Chiara Aversano, le luci di Cesare Accetta e il suono di Daghi Rondanini, recitano Veronica Mazza (nel ruolo di Bolero Film), Carmine Paternoster (in quello di Cicala), Lara Sansone (Grand Hotel), Salvatore Striano (Scialò). La voce di Giuseppina Bakèr è di Gino Curcione.

Realtà e finzione si mescolano fino al cortocircuito tra l’esperienza biografica dei protagonisti e i loro ruoli. Salvatore Striano e Carmine Paternoster sono attori che dopo l’esperienza della detenzione hanno trovato un riscatto umano grazie al palcoscenico e a film come Gomorra di Matteo Garrone e Cesare non deve morire dei fratelli Taviani, successi internazionali premiati ai festival di Cannes e Berlino. Con loro le attrici Lara Sansone, nipote ed erede scenica di Luisa Conte, storica fondatrice del Teatro Sannazaro, tempio della tradizione popolare napoletana, e Veronica Mazza, volto dalla spiccata vis comica che declina nei territori del teatro, del cinema e della serialità televisiva.

Ragazze sole con qualche esperienza racconta di due coppie di emarginati che si incontrano per dare sfogo a un folle e inebriante appuntamento d’amore. «Un plot surreale ed eccentrico – scrive nelle note Francesco Saponaro – nel quale due travestiti, Grand Hotel e Bolero Film, ricevono nella loro alcova Scialò e Cicala, due strampalati delinquenti in fuga da un agguato di camorra; un pretesto narrativo apparentemente inverosimile per raccontare, con impareggiabile qualità profetica, uno spaccato del tempo presente. L’arrivo di Scialò e Cicala mi fa pensare all’irruzione di due scellerati al soldo dell’attuale ‘sistema’ criminale in un appartamento dei Quartieri Spagnoli dove abitualmente si consuma il meretricio. Come in una tragicomica discesa agli inferi, dai giorni bui che attraversiamo si precipita fino a quello spaccato sociale del dopo terremoto nella Napoli degli anni ottanta, caldera virulenta dei mali e delle contraddizioni da cui siamo ancora infestati e grottesco girone infernale senza via d’uscita né scampo». «La lingua che Moscato abilmente porta in scena – sottolinea il regista – è costituita da un napoletano creolo che pullula di comici turpiloqui e da un uso sapiente di espressioni mutuate da altre radici idiomatiche, dall’immaginario dei fotoromanzi e dalle soap-opera. La vita di questi personaggi estremi, custodi di un’umanissima saggezza popolare ma artefici di crudeli misfatti, si muove con stupefacente teatralità, sospesa tra una straordinaria eloquenza drammatica e un corrosivo e irresistibile umorismo».

Comunicato Stampa

 

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