Referendum, cosa accade ora in Veneto e Lombardia
Domenica scorsa gli abitanti di Veneto e Lombardia sono stati chiamati alle urne per “una prima volta” assoluta in Italia, ossia dovevano scegliere se la loro Regione potesse o meno chiedere maggiori competenze allo Stato.
Nulla a che vedere con la Catalogna, certo, piuttosto l’esempio da seguire è quello dell’Emilia Romagna che ha scelto invece di trattare direttamente con Palazzo Chigi ignorando la costosa pratica del voto.
Con le vittorie del Si – in Lombardia hanno votato a favore il 38,5%, in Veneto il 98,1% – adesso le due regioni potranno sedere al tavolo con lo Stato e possono chiedere di ottenere maggiori competenze nelle 20 materie di potestà legislativa concorrenti come coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, lavoro, energia, infrastrutture e protezione civile e in tre materie che ad oggi sono di potestà legislativa esclusiva dello Stato (giustizia di pace, istruzione, tutela dell’ambiente e dei beni culturali).
Gli iter saranno lunghi. Molto dipenderà dalle trattative e della richieste delle singole regioni, di quanto esse riescano ed essere forti nei confronti dello Stato stesso. L’Emilia Romagna dovrebbe riuscire ad avere le proprie ragioni in tempi brevi, mentre con Veneto e Lombardia – ed in questo caso la trattativa con lo Stato si preannuncia molto lunga – i tempi possono slittare anche fino al prossimo e nuovo mandato.