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Repubblica presidenziale o parlamentare? Turchia al voto il prossimo 16 aprile

Dopo settimane di intensi dibattiti, adesso è ufficiale: il prossimo 16 aprile, in data unica, la Turchia sarà chiamata al voto con il popolo turco chiamato a scegliere se continuare con una Repubblica parlamentare or optare per una Repubblica presidenziale. La riforma, voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan, dovrà quindi superare l’ultimo scoglio, quello popolare, prima di esser resa effettiva. Subito dopo la conferma della data di votazione, il mondo politico turco si è subito interrogato su quali possano essere le conseguenze di un NO o di un eventuale SI.

IL MONDO POLITICO – Binali Yildirim, primo ministro turco e sostenitore di Erdogan, ha commentato cosi il risultato delle riunioni in parlamento “Il partito è rimasto compatto come una roccia, abbiamo fatto il nostro, ora la parola spetta al popolo che è il vero padrone della Nazione“, mentre Kemal Kilicdaroglu, leader del Partito Repubblicano e capo dell’opposizione, ha fatto appello ai turchi affinchè “Venga corretto il grave errore commesso dal parlamento“.

COSA E’ ACCADUTO DUE ANNI FA – Eppure, questo, la Turchia lo ha già vissuto, lo ha già toccato. Nell’aprile di due anni fa, infatti, il popolo turco disse già di no, e il Akp di Erdogan dovette fronteggiare anche l’entrata in parlamento dell’Hdp, il partito che dava voce alle minoranze e ai curdi. Ma due anni fa in Turchia il clima era molto diverso, adesso invece è tutto cambiato. In appena 24 mesi, l’Hdp è passato dalla gioia al dolore, colpito da attentati che il governo ha attribuito all’Isis, l’Hdp è passato in cattiva luce. Il partito, infatti,  ha risvegliato la guerriglia del Pkk – il partito dei lavoratori del Kurdistan, di ispirazione marxista che si oppone fin dall’inizio alle istituzioni della Turchia per la difesa dei diritti del popolo curdo – ha fornito ad Erdogan l’assist per bollare tutti i curdi come terroristi. In più c’è stato il fallito golpe del luglio 2016, con Erdogan che ha dichiarato lo stato d’emergenza dando cosi inizio alla resa dei conti con chiunque abbia provato a ostacolarlo. O ancora l’opposizione politica, con l’Hdp in testa. Ma soprattutto lo scontro con la stampa indipendente o contraria che aveva documentato una importante fornitura di armi ai ribelli anti-Assad.

COSA SUCCEDE IN CASO DI SI – Con un eventuale passaggio al presidenzialismo Erdogan sarebbe anche il capo dell’esecutivo, avrebbe il potere di emanare decreti , nominare ministri e autorità, ma avrebbe anche l’opportunità di mantenere aperti legami con l’Akp, il suo partito. Il nuovo presidente, inoltre, avrebbe anche il potere di nominare metà dei membri delle più alte istanze giuridiche della Turchia, di sciogliere il Parlamento e dichiarare lo stato d’emergenza e l’avvento del presidenzialismo aprirebbe davanti a Erdogan le porte per restare leader del Paese fino al 2029, garantendosi cosi altri due mandati al golverno e la possibilità, velata, di instaurare una dittatura.

Chi è a favore della propaganda per il passaggio della Turchia da una Repubblica parlamentare ad una repubblica Presidenziale ammette che ciò garantirebbe al paese del Bosforo grande stabilità, mentre chi è contrario esprime preoccupazione per la deriva autoritaria in cui potrebbe sprofondare il paese.

 

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