CINEMAHOME

San Gennaro, Maradona e lo sciopero dei Miracoli: uno sguardo acuto sulla città e i suoi cambiamenti

Dopo l’anteprima dello scorso 21 giugno al cineteatro La Perla di Napoli Il docufilm, diretto da Giulio Garcia, San Gennaro, Maradona e lo sciopero dei Miracoli  è in programma il 24 luglio al Sessantotto Village di Roma; il 30 luglio al Cinema Centrale di Imperia e il prossimo 5 agosto tornerà in città all’Arena Foqus dei Quartieri spagnoli.
Il docufilm ha inaugurato ufficialmente la ventesima edizione del Tam Tam Digifest.
Prodotto da Cooperativa Tam Tam in associazione con Millennium Cinematografica e Michelangelo Film, San Gennaro, Maradona e lo sciopero dei Miracoli  è interpretato da Patrizio Rispo e da Zap Mangusta, alias Diego Pesaola, figlio del celebre “Petisso” Bruno.
Abbiamo fatto una chiacchierata con il regista per entrare nelle trame e nel processo generativo del film.

L’INTERVISTA
D. Qual è la sua genesi?
 R. Il docufilm nasce dal quarto scudetto del Napoli e vuole esplorare i cambiamenti che la città ha attraversato negli ultimi 33 anni, cioè il lasso di tempo intercorso dal primo scudetto. E’ un viaggio che racconta com’è cambiata l’architettura e la visività di questa città, votata a quello che è un santo laico, qual è Maradona, com’è testimoniato dai murales, dalle effigi e dalle numerose edicole votive sparse per la città.
D. Cosa rappresenta Maradona per il popolo partenopeo?
R. Maradona è un santo popolare e popolano che abita il cuore dei Napoletani.  L’antropologo Marino Niola ci spiega –  attraverso una serie di contributi  che vengono riportati nel film –  che stiamo assistendo a un processo di beatificazione e santificazione in itinere – amplificato dalla morte del campione azzurro. Maradona domina l’immaginario popolare e  a lui è stato dedicato persino un museo. Non è un caso se nella Basilica nella Sanità, presso il Chiostro, è stato posto un affresco di Maradona che sembra ascendere al cielo. Una scelta criticata da molti, ma che risponde al bisogno di credere in una figura contemporanea, che incarni l’altra faccia della fede.
D. Com’è strutturato il progetto narrativo e visuale?
R.  Inizialmente la pellicola doveva essere solo di stampo documentaristico. Poi l’idea si è evoluta e a questa parte  se n’è affiancata una più propriamente di fiction in cui San Gennaro, sceso in città, si accorge che le sue statuine –  quelle vendute a San Gregorio Armeno dai vari artigiani, a rappresentare l’anima e i cambiamenti della città –   sono meno richieste e meno costose di quelle dedicate al Pibe de oro. Quindi decide, scandalizzato, di ristabilire le opportune gerarchie. In qualche modo, quindi, poniamo in dialogo queste due figure, in bilico tra fede religiosa e laica, le due facce complementari di un sentimento fideistico complesso e sfaccettato.  Come recita lo slogan del film: “La Fede è una cosa seria ma il calcio è una religione”. San Gennaro, attraverso i secoli, è stato un interlocutore privilegiato per i Partenopei, deputato ad ascoltare e a  risolvere i problemi della gente, trasversalmente alla condizione socio-economica. Attraverso queste due figure, il docufilm racconta cosa sia successo nel corso degli anni e  come la città sia sempre stata in grado di mantenere un delicato equilibrio tra tradizione e innovazione.
D. Quale volto di Napoli racconta il docufilm?
R. Dal 1985, l’anno di arrivo di Maradona,  è stata accesa una scintilla simbolica che ha avuto effetti a lungo termine: negli anni ’90 la la città, attraverso l’operato del primo Bassolino, ha vissuto quello che è stato definito come il Rinascimento partenopeo. Questa rinascita per fortuna non si è mai arrestata da allora, pur se tra alti e bassi. Oggi la città ha riguadagnato il suo ruolo di capitale del mondo ed è protagonista di un vero e proprio boom turistico. Lo stesso Maradona funge da attrattore culturale, perché ci sono molte persone, che vengono da ogni parte d’Italia e del mondo solo per compiere  il Maradona tour. Il tono adottato si mantiene leggero e analizza vari simboli che sono indicatori di una fase di sviluppo e anche dell’energia che attraversa la città. Abbiamo intervistato vari stakeholder, tra cui i commercianti, che confermano come questo boom turistico sia vissuto come un’occasione di sviluppo. Attraverso il docufilm puntiamo a raccontare la parte positiva dello sviluppo turistico, anche se siamo consapevoli che per ogni luce c’è anche un cono d’ombra. La città delle Sirene, infatti, sta vivendo alcuni rilevanti problemi che sono stati  già vissuti da altre melogalopoli come per esempio Milano, Roma, Firenze e, ultimamente, anche Genova. Si tratta di un fenomeno complesso che colloca la città al centro di un costante e crescente  flusso turistico e di processi mediatici ad alta risonanza, aspetti che nel docufilm vengono approfonditi da Cochita Sannino, inviata di Repubblica.
D. Tu che sguardo rivolgi a Napoli?
R. Io ne osservo le trasformazioni dalla prospettiva di una una persona che non vi abita stabilmente. Il mio sguardo, in tal senso, può essere rivelatore, perchè mi colloco in un punto d’osservazione in qualche modo decentrato ed equidistante.  Napoli sta vivendo, pur tra mille innegabili contraddizioni e ombre, una fortissima rinascita, anche in termini di pulizia e cura dell’urbe, con un’azione integrata che si discosta molto, per esempio, dalle criticità gestionali riscontrate durante le fasi legate alla terribile emergenza rifiuti di qualche decennio fa. Secondo me, sta reagendo alle inevitabili criticità anche meglio di altre megalopoli. 

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