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Premio Strega 2017, ecco la cinquina finalista

Si è tenuto al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma lo spoglio dell’ultima votazione dell’ ambito Premio Strega 2017, giunto alla sua settantunesima edizione.

 

Il seggio, presieduto da Edoardo Albinati, vincitore della scorsa edizione del premio (2016), ha proclamato vincitore Paolo Cognetti con “Le otto montagne” (Einaudi) con 208 voti su 545 (dei 660 aventi voto). La giuria di quest anno era composta da 440 Amici della domenica (giornalisti, autori, artisti, editori, studiosi, letterati), 40 Lettori Forti selezionati dalle librerie indipendenti italiane iscritte all’ ALI, 200 intellettuali e studiosi e traduttori italiani e stranieri selezionati da 20 Istituti italiani di cultura all’estero e, in fine, da 20 lettori provenienti da Università, scuole e Biblioteche di Roma. Sempre a Cognetti è stato conferito il Premio Strega Giovani, assegnato da una giuria di ragazzi dai 16 ai 18 anni.

In classifica, a seguire, sono stati premiati Teresa Ciabatti con “La più amata” (Mondadori), 119 voti, Wanda Marasco con “La compagnia delle anime finte” (Neri Pozza),87 voti, Matteo Nucci con È giusto obbedire alla notte (Ponte alle Grazie), 79 voti e Alberto Rollo con Un’educazione milanese (Manni),52 voti. Ma conosciamo meglio i cinque finalisti…

“Le Otto montagne”- Paolo Cognetti: Pietro è solo un ragazzino quando i suoi genitori, provati dalla pesantezza della routine e di un lavoro frustrante ma uniti dal comune amore per la montagna, scoprono il paesino di Graines. Un luogo tranquillo e magicamente isolato dove trascorrerà le sue estati. In quest’oasi ritagliata dal mondo conoscerà Bruno, col quale condividerà avventure e scoperte. A contatto con la montagna imparerà a conoscere se stesso e forse un po’ la vita. I sentieri di montagna tracceranno il suo rapporto col padre che durante le lunghe camminate gli darà “la cosa più simile a un’educazione che abbia ricevuto da lui”. In senso figurato, l’ immagine raccontata da Cognetti, è quella di rapporti fermi, statici ma solidi come le pareti rocciose che possono franare lasciando, tuttavia, intatta la montagna. Un esordio affascinante che ha conquistato una giuria eterogenea e conquisterà un grande pubblico.

“La più amata”- Teresa Ciabatti: Protagonisti di questo romanzo che può essere definito a tratti “familiare” a tratti “autofiction”, molto autobiografico, sono i Ciabatti. Sullo sfondo di una casa hollywoodiana con piscina vi sono il ricco primario Lorenzo Ciabatti con la moglie Francesca Fabiani. La “più amata”, la preferita di papà di cui parla il libro è Teresa, figlia della coppia. In un mondo sfavillante, fatto di sfarzo e bambole per viziare la piccola Teresa, la madre, Francesca, vive un’apatia che segna l’ inizio di una depressione e il conseguente distacco dai figli. Alla morte del padre ai Ciabatti rimane l’ombra di un impero, l’insoddisfazione, le vite deragliate di Teresa e del fratello Gianni. Cosa ne sarà delle loro esistenze? Teresa Ciabatti si racconta in un libro che romanza l’esperienza di una vita reale, un racconto che sembra un dejavu o forse è davvero già stato vissuto.

“La compagnia delle anime finte”- Wanda Marasco: La cornice di questa storia è una Napoli fatta di vicoli e intrighi, assimilata quanto più possibile a un teatro dove “anime finte”, personaggi, ricordi, sembrano agire nel nome di una parte da interpretare. Rosa ricorda la storia della vita della defunta madre Vincenzina. La storia si svincola, osservata dall’ alto della “Posillipo dei poveri”, la collina di Capodimonte, tra la storia di Vincenzina e i fantasmi del passato di Rosa. Annarella, Emilia, Mariomaria, Iolanda, il maestro Nunziata, sono i personaggi di questa azione pseudo-drammatica. Wanda Marasco ritorna trionfante tra i finalisti del Premio Strega dopo l’acclamatissimo “Il genio dell’abbandono”.

 “E’ giusto obbedire alla notte”- Matteo Nucci: C’è una Roma svestita del suo abito elegante di capitale e proiettata sulle rive del Tevere. C’è una comunità in cui uomini e donne si incontrano e si uniscono per caso. E c’è Ippolito, che tutti chiamano “il dottore” perché sa, a modo suo, curare, dare consigli, riparare gli altri. Le storie di Ippolito, dei fratelli Cesare e Giulio, di Luis popolano la trattoria Anaconda. I percorsi di ognuno sono uniti da un comune denominatore che è la città di Roma e il sentimento che li lega ad essa. I personaggi assurdi, talvolta grotteschi, che si muovono in questo scenario sono affiancati dalla costante presenza di eroi mitologici e omerici, richiami alla classicità che Nucci inserisce, forse per sottolineare la continuità tra eroi antichi e moderni. Un narratore definito “dal polso sicuro”.

“Un’ educazione milanese”- Alberto Rollo: Una famiglia operaia e socialista nella Milano degli anni ’50 è il punto di partenza, il punto di vista che ci racconta Rollo in questo romanzo autobiografico. Mentre la Guzzi di suo padre sfrecciava “sul ponte di Greco, sul ponte della Ghisolfa”  Rollo racconta della classe operaia milanese di quegli anni in cui le fabbriche erano i veri monumenti cittadini. Monumenti di un orgoglio e di una consapevolezza di classe che separava gli altoborghesi degli uffici, gli impiegati, dai lavoratori delle officine. C’è il racconto di una generazione nel romanzo di Rollo, un paesaggio raccontato come in un documentario, con riprese lente e carrellate dall’alto su una Milano in cui il protagonista trova “ponti in cui lo spaesamento e il sentirmi a casa coincidano”. Alberto Rollo, che molti conosceranno come direttore letterario della Feltrinelli esordisce, dopo essersi congedato dal suo ruolo storico, con un romanzo-testimonianza. Una vera sorpresa.

 

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