AttualitàSpettacolo

Una “Mandrakata” non riuscita, addio a Gigi Proietti

Nel giorno del suo 80° compleanno, si è spento Gigi Proietti, attore versatile, regista, mattatore, organizzatore, drammaturgo, doppiatore, cantante. Un talentuoso One Man Show che resterà nel cuore di tutti.

“Gigi Proietti si è spento a Roma nel giorno del suo ottantesimo compleanno”. Con questa notizia ieri, 2 novembre, ci siamo svegliati, e subito sentimenti contrastanti hanno invaso cuore e mente.
Quando si tratta di scrivere della morte di un artista di questo calibro è difficile ordinare i pensieri e riversarli su un foglio. Tante le sensazioni che si provano. Inizialmente una tristezza infinita, per aver perso un’icona di uno spettacolo che non c’è più ma che è sempre amato, poi una nostalgica allegria per tutti gli spettacoli e sketch da lui realizzati, poi ancora, la consapevolezza e la gratitudine per aver goduto della sua arte. Un artista non muore mai davvero finche ci sarà chi lo ama e chi lo ricorda. Gigi Proietti, come altri, rimarrà immortale. Oggi, domani, tra dieci anni, in una triste giornata, o anche in una allegra, ci basterà riguardare un suo video, o uno spettacolo per essere grati dell’immenso privilegio che tutti noi abbiamo avuto nello scoprire.

I suoi successi sono innumerevoli, 55 anni di carriera vissuti intensamente tra locali, teatro, televisione, cinema. La sua poliedricità era evidente, come attore comico riusciva a rendere ironica ogni situazione. Nel 1970 il primo successo teatrale con “Alleluja brava gente” di Garinei e Giovannini in cui sostituiva Domenico Modugno nel ruolo di Ademar. Da lì, Proietti capì che avrebbe fatto per sempre l’attore. Quello che forse non sapeva è che sarebbe diventato uno dei personaggi più amati della storia dello spettacolo. Viene considerato l’erede di Ettore Petrolini, la sua interpretazione di Gastone era magistrale.



Come attore di cinema ricordiamo fra tutti “Febbre da Cavallo”, e il suo “Mandrake”, aspirante attore squattrinato con il vizio per le scommesse ippiche, pronto a tutto pur di racimolare quanto bastava per una puntata.
Nel piccolo schermo si è fatto amare ne “Il Maresciallo Rocca”, una delle serie tv più di successo confezionata dalla Rai.
Prestigiosa fu la sua esperienza di direttore artistico del Teatro Brancaccio dal ’78 al ’97 in cui creò un Laboratorio di Esercitazioni Sceniche dando vita ad un importante fase della sua carriera in cui si cimenta come insegnante e come regista. Questa esperienza, unitamente a quella della direzione del Gran Teatro di Roma e del Globe Theatre di Villa Borghese, ha contribuito al conferimento nel 2019 del titolo di “Professore emerito honoris causa” all’università di Tor Vergata, a Roma

Negli ultimi anni, ha realizzato lo spettacolo “Cavalli di Battaglia”, trasmesso anche su Rai 1, in cui racchiude tutti i suoi personaggi più celebri, i suoi pezzi forte. Quest’opera, insieme al primo “A me gli occhi please”, è un vero tesoro che racchiude le mille sfaccettature di Gigi Proietti.
Da Pietro Ammicca “affarologo e tuttologo” al Vecchietto delle Favole, all’attore “smemorato” che deve rappresentare il Conte Duval ne La Signora delle Camelie o ancora Toto nella “saùna”.
Tra i tanti sketch esilaranti, possiamo sicuramente citare il “cantante da night” in cui descriveva un artista che vestiva elegante, che piaceva alle donne e che in tarda serata, quando il locale era pieno di coppiette, cantava in francese. Un francese maccheronico, in puro stile gramelot (di cui Proietti era un esponente). Da qui la celebre “Nun me rompe er ca”, parodia di “Ne me quitte pas”, una canzone di Jacques Brel. Una scena sensazionale, resa tale dalla sua reale esperienza nei night. Gigi Proietti frequentò la facoltà di Giurisprudenza, una scelta fatta non per vocazione ma per accontentare suo padre che voleva fortemente “il pezzo di carta che gli garantisse il posto fisso”. Per mantenersi agli studi, con alcuni amici suonava nei locali di night.
Come detto poc’anzi, Gigi Proietti era un ottimo interprete del gramelot, una tecnica recitativa che unisce suoni, onomatopee, parole e foni privi di significato in un discorso. Memorabili le sue versioni del gramelot americano, giapponese e napoletano. Quest’ultimo, riproposto in tanti spettacoli nonché nel film di Renzo Arbore “FFSS – Cioè…Che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene”.

Struggente e appassionato era anche il suo canto, pieno di sentimento e romanità come solo Gabriella Ferri sapeva fare; bellissime, tra le tante, “L’eco der core” e “Serenata sincera”.

Molteplici sono state le sue esperienze come doppiatore, una fra tutte, quella del Genio della Lampada nel capolavoro Disney Aladdin.

Risulta estremamente difficile sintetizzare la carriera di Gigi Proietti. Come si fa a riassumere le gesta in un vero One Man Show come lui? Ognuno di noi porta nel cuore un pezzo della sua arte e della sua straordinaria ironia, è stato senza dubbio uno degli artisti più trasversali mai esistiti.
Durante il funerale dell’indimenticabile e straordinario Massimo Troisi, Roberto Benigni declamó una poesia scritta per l’artista partenopeo: “…per lui non vale il detto che è del Papa, morto un Troisi non se ne fa un altro”. Anche per Gigi Proietti è il caso di dire la stessa cosa.

Share This:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cultura a Colori