HOMETEATRO

Una storia per Euridice: la ninfa arborea al teatro Tram può finalmente raccontarsi

Torna in scena stasera, giovedi 27 ottobre e fino a domenica 30 ottobre, al teatro Tram di Port’Alba, dopo il successo dello scorso weekend, lo spettacolo Una storia per Euridice. Protagonista l’attrice Chiara Orefice, con la regia di Luisa Guarro.

Nel mito classico Euridice è una figura marginale, vittima della cupidigia e della mancanza di fiducia dei due protagonisti maschili: Aristarco e Orfeo. Nel primo caso Aristarco ne provoca la morte per soddisfare la sua lussuria; nel secondo, Orfeo non le consente di affrancarsi dalla prigionia dell’Ade perché non ha fiducia che lei continui a seguirlo. Nulla ella può per opporsi al suo destino di morte, che le viene imposto in base a scelte altrui, in particolare della figura maschile.

La regista Luisa Guarro decide, quindi, di restituire centralità a questa figura e lo fa attraverso lo strumento del monologo visionario – in bilico tra idioma napoletano, lingua italiana e danza – in cui la protagonista, in appena cinquanta minuti di potente intensità, condensa in sé tutti i ruoli, in un alternarsi di voci e di prospettive, rivissute attraverso la propria.


“Il monologo – evidenzia – è un tecnica narrativa che permette di rivivere un evento mentre lo si narra agli altri”.
Ne nasce un avvicendarsi di momenti di rara intensità in cui Euridice racconta la sua storia negli attimi che precedono la sua morte.


La vicenda è attualizzata e trasposta nei vicoli di un quartiere popolare di Napoli. Lei è figlia di una quercia, una donna irrigiditasi sulle sue posizioni di estremo difensore della tradizione nel bene e nel male. E’ lei la prima a criticare e a soffocare le velleità libertarie – bollate come tali – della figlia, in nome di un  completo allineamento alle aspettative di ruolo del contesto di appartenenza.

Euridice rispetto alla madre è una donna – ninfa,  uno spirito libero, vitale, dedita all’allegria e al ballo. Un elemento  di rottura rispetto alla tradizione, che ama scompaginare le carte; deviare dai binari prestabiliti della sicurezza; che mette in dubbio e critica lo status quo e il patriarcato e per questo viene punita attraverso una serie di repressioni ed epiteti poco lusinghieri, che la bollano come provocante e di facili costumi.


Suo malgrado, diviene una donna affamata d’amore e si trova imbrigliata in una relazione tossica, frutto della ferita narcisistica originaria. L’uomo – lupo altri non è se non Aristarco, incapace di interiorizzare la figura materna primigenia e quindi di elaborare un rapporto propositivo ed equilibrato con l’elemento femminile, all’insegna del rispetto.

Di fronte al pericolo di perdere se stessa, irrigidendosi e diventando una sorta di un complemento d’arredo – una donna tanto perfetta quanto finta – Euridice trova la forza di fuggire lontano.

Solo in quel momento sarà pronta per incontrare il vero amore. Un amore vissuto in libertà, dopo che è stata capace di attraversare e superare il suo inferno interiore. Ma proprio quando i due innamorati stanno per abbracciarsi – quale simbolo dell’incontro tra due personalità integre e consapevoli – ricompare Aristarco e le toglie la vita brutalmente.

Lui che non è riuscito a spegnere la luce del suo sguardo – barattandola con un ingannevole amore assoluto e cannibalico, come ricorda l’autrice e regista – si arroga il diritto di privarla per sempre del diritto di scegliere per la propria esistenza. Come un predatore che insegue e stana la preda la ritrova e la finisce senza pietà.

Nonostante questa violenza, anche nel passaggio dalla dimensione terrena a quell’ultraterrena Euridice rivendica il suo ruolo da protagonista, dicendo che forse un giorno è stata la fidanzata di Orfeo, ma ormai è un puro Spirito, un’ essenza lieve, libera dagli affanni e dalle catene delle vicende umane. 

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