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Usa, Trump e il suo shutdown da record

Lo shutdown che paralizza parte delle attività del governo federale americano, entrando nel suo 22esimo giorno, è diventato il più lungo della storia degli Stati Uniti.Iniziato il 22 dicembre, lo shutdown di Trump ha battuto i 21 giorni raggiunti sotto la presidenza di Bill Clinton, nel 1996. Il blocco è causato dal mancato accordo tra repubblicani e democratici sul finanziamento del contestato muro con il Messico.

Al momento non ci sono segnali politici di una fine dello stallo che ha portato alla chiusura di musei e parchi e costretto centinaia di migliaia di dipendenti pubblici a rimanere a casa o a lavorare senza stipendio. I settori toccati dalla paralisi sono i più disparati, dalla protezione ambientale alla sicurezza negli aeroporti.

Il Congresso è chiuso per il weekend e non ci sono indicazioni su nuovi incontri dei Repubblicani e dei Democratici per trovare una via d’uscita dalla crisi.

Il blocco sta lasciando senza stipendio circa 800mila lavoratori federali. La causa è il mancato accordo tra repubblicani e democratici su una legge di spesa che dovrebbe finanziare diversi dipartimenti e agenzie federali. Ma il vero punto di scontro è il finanziamento del muro con il Messico, preteso dal presidente Trump, a cui si oppongono i democratici.

I sindacati federali hanno già causa al governo Usa perché – a causa dello shutdown – i dipendenti ritenuti “essenziali” stanno continuando a prestare servizio senza stipendio, in violazione delle leggi sul lavoro. Tuttavia, Camera e Senato hanno votato un decreto che garantisce la retribuzione retroattiva appena lo shutdown terminerà.

I Democratici sono del tutto contrari al progetto del muro, definito “immorale”, costoso e inefficiente per la lotta contro l’immigrazione clandestina. Il partito rifiuta categoricamente di fare approvare dal Congresso il finanziamento di 5,7 miliardi di dollari chiesto dal presidente Donald Trump per la costruzione del muro al confine col Messico.

Senza altri negoziati in agenda, si fa sempre più concreta l’ipotesi che Trump dichiari l’emergenza nazionale, per aggirare così il veto dei Democratici al Congresso.

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