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Zingaretti barcolla ma non molla: dalla D’Urso rilancia la sinistra

Zingaretti molla la leadership del Pd ma non il partito. Ora il Partito Democratico deve interrogarsi sul futuro e lasciarsi Matteo Renzi alle spalle.

Zingaretti contro le polemiche gratuite: pluralismo non è furbizia

Nel salotto di Barbara D’Urso, e da qui parte una potentissima provocazione di Nicola Zingaretti, l’ex leader si accomoda e parla a ruota libera. A Non è la D’Urso live, il numero uno uscente del Partito Democratico non si esprime riguardo un’eventuale passo indietro alle sue dimissioni. E’ uno scenario che una persona seria non considererebbe nemmeno. I passaggi più importanti li ha messi in evidenza l’Ansa, Zingaretti non spegne il fuoco delle polemiche.

“Credo nel pluralismo del confronto ma lo si è scambiato con la polemica – riporta l’Ansa -. Allora ho detto se io sono il problema allora mi faccio di lato, perché serve un chiarimento; lo faccia il gruppo dirigente, state tranquilli che non scompaio. Ma non si deve confondere il confronto delle idee con la furbizia. Ora però guardiamo al futuro”.

Nell’immediato a questo punto c’è il congresso di una sinistra che appare debole. A causa dei suoi stessi dirigenti, che hanno spinto in quella direzione, ci si è come ancorati a “conte o morte” cosa mai detta da Zingaretti ma spinta da tutti salvo poi tirarsi indietro.

PD: con Renzi o senza? Il vero dilemma è il futuro

Un rientro alla base a questo punto non è credibile, ma il partito della sinistra moderata ci ha abituati a colpi di scena a dir poco folli. Quando si tratta di perdere la coerenza, e la faccia, in molti non si fanno problemi. Ormai si sa che il successore di Zingaretti sarà Stefano Bonaccini, ma lui che cosa ne pensa di Renzi? Attualmente lo sa solo lui e si sa che il Matteo di Italia Viva le occasioni non se le lascia sfuggire. Il gruppo dirigente è il suo, all’interno del Pd lo riaccoglierebbero a braccia aperte.

Il problema serio è che dopo questa legislatura Renzi rischia di distruggere il Partito Democratico. Un suo rientro farebbe perdere voti, perché anche non da leader gli elettori del Pd non lo perdonerebbero. Il Pd è ad un bivio: distruggersi o ricominciare dalle dimissioni di Nicola Zingaretti. Come dice lui stesso: “Ma si – ricostruisce l’ansa -, il Pd non è un partito del leader ma con un leader. Noi siamo tanti, domani rinnovo la tessera del Pd, non scompaio con le mie idee. Noi resteremo a fare politica con le nostre idee”.

Un partito con molti leader può tollerare un Renzi ballerino? Prima costruttore, poi Giuda e ancora figliuol prodigo? Staremo a vedere.

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Daniele Naddei

Giornalista iscritto all'ordine dei Giornalisti Pubblicisti della Campania da maggio 2014. Caporedattore.

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