Donna Chiarina cerca casa: il teatro amatoriale, volano di cultura per la Valle Caudina
La Valle Caudina si anima grazie al fermento culturale generato dagli spettacoli portati in scena dalla compagnia Senz’arte né palco co-fondata da Mikele Iannotta e da Giuseppe Di Blasio. Il 7 e l’8 giugno scorso è stata la volta di Donna Chiarina cerca casa, libero adattamento della commedia, scritta da Gaetano Di Maio, Donna Chiarina Pronto Soccorso. Il successo della rappresentazione è frutto di un gioco di squadra con le associazioni del territorio, l’oratorio – che ha offerto i suoi locali per ospitarla – e la Pro Loco.
Il titolo esprime in maniera immediata il nucleo della trattazione tematica, che l’adattamento, con la regia di Giuseppe Di Blasio, ha lasciato intatto.
Il micro universo gestito da questa donna – che è un punto di riferimento per tutto il quartiere – è imbevuto dalla cultura del vicolo, dove non c’è distinzione tra l’interno della casa e l’esterno. Ogni ambiente è permeabile. Tutti si rivolgono a lei, che è medico, infermiera e mediatrice dei conflitti. Ricorda il Sindaco del Rione Sanità di De Filippo, ma i toni adottati da Di Maio si mantengono volutamente sempre leggeri.
Disinfetta e ricuce ferite delle vittime di sparatorie e di altre vicissitudini, in questo universo i cui abitanti spesso vivono ai margini della legalità.
“In quest’opera – spiega Giuseppe Di Blasio – abbiamo mantenuto intatto il nucleo tematico, ma abbiamo lavorato sul linguaggio per renderlo trasversalmente più fruibile dal pubblico. Lo abbiamo modernizzato, sostituendo una serie di termini desueti e altri in lingua napoletana molto stretta che sarebbero stati difficilmente comprensibili, rendendolo più adatto a un pubblico moderno come quello della Valle Caudina“.
Sicuramente ciò che è sempre attuale come ribadiscono Giuseppe e Mikele, è l’importanza data ai legami familiari, i cosiddetti legami forti, come vengono definiti da una certa corrente sociologica, ma anche ai cosiddetti legami deboli , cioè quelli che si creano con persone che non appartengono alla propria famiglia, ma che ne diventano, in qualche modo, parte integrante per una precisa scelta, per quella relazione pura di cui parlava il sociologo Anthony Giddens.
Donna Chiarina, oltre a ospitare stabilmente in casa sua nipote, una ragazza molto attraente e corteggiata, dà asilo anche a una prostituta, Ines, ribattezzata gergalmente in Inessa dai più, e molti altri troveranno saltuariamente riparo da lei.
“Molti – riprende il regista – nel quartiere vivono ai margini della legalità o in una vera e propria illegalità. Infatti, assistiamo a una sparatoria e ad altri episodi di micro e macro criminalità, che in qualche modo vengono normalizzati. La maggior parte degli abitanti del quartiere sembra conviverci quotidianamente, senza che essi destino troppo scalpore. Ma questo non è giusto: l’opera, con grande leggerezza, perché Di Maio è un autore leggero, denuncia anche il fatto che questa normalizzazione non sia opportuna“.
In controluce c’è anche il cosiddetto affare casa che oggi risulta quanto mai attuale. Negli anni ’80, molti sfollati cercavano casa a causa del bradisismo e del terremoto. Oggi quella temperie sociale sembrerebbe essere tornata, unita alle difficoltà vissute da chi cerca un’abitazione a prezzi accessibili, ma si scontra con il fenomeno della gentrificazione dei quartieri, dove tutto è stato riconvertito in case – vacanza con affitti esorbitanti ed esclusivamente a breve termine. Nella commedia, invece, don Michele vorrebbe sfrattare i suoi inquilini per poter donare la casa a sua sorella, donna Concetta, che sta per sposarsi ed è incinta. A questo punto, gli capitano una serie di vicissitudini e rovinosi incidenti che gli faranno pensare che sia meglio rinunciare.
“Io – racconta Mikele Iannotta, che interpreta proprio il Michele della commedia – finisco paradossalmente per sperare che donna Chiarina rimanga a vivere in quella casa perché, a fronte di una serie di incidenti che mi accadono, lasciare la casa a lei e al suo microcosmo vuol dire salvaguardare la mia salute“.
Richiamando le parole di Di Blasio e Iannotta, Di Maio ricorre a una serie di espedienti narrativi tipici della commedia degli equivoci ma, rispetto a Eduardo, affronta alcuni temi delicati in maniera molto più veloce e leggera, senza l’amarezza e l’umorismo di cui sono intrisi i lavori di De Filippo.
“In realtà – spiegano il regista e il cofondatore della compagnia teatrale – l‘opera di Di Maio è più fruibile da un pubblico trasversale. Di Maio è un autore moderno. Invece, misurarsi con Eduardo, in un’operazione di modernizzazione trasformativa, vuol dire tentare un vero e proprio azzardo”.
Secondo i due i due addetti ai lavori, è fondamentale nella messa in scena dell’opera di Di Maio, che il ritmo si mantenga veloce e vorticoso, che non conosca pause, perché nel momento in cui arriva una pausa non voluta l’artificio e la finzione del linguaggio teatrale risultano svelati.
Invece, alcune pause create ad arte possono servire a creare un vuoto comico. Una comicità che, richiamando il pensiero degli addetti ai lavori, per esprimersi non ha bisogno necessariamente di parole.
Gli attori, pur essendo amatoriali, rivelano un grande spirito di gruppo e anche la capacità di calarsi nella parte. Una capacità che si è affinata attraverso la partecipazione a una serie di spettacoli, tra i quali I Menecmi, ma che è anche espressione di un talento naturale, che Giuseppe e Michele hanno contribuito a disvelare e a coltivare.
“Spesso – ribadiscono – le persone possiedono un talento che non conoscono e in cui inizialmente non credono. Quindi, il nostro ruolo è quello di incoraggiarli a salire sul palco, dando loro, inizialmente, dei ruoli interessanti, ma con una responsabilità scenica minima. L’affiatamento e la risposta molto responsabile di questo gruppo di attori ci ha premiati“.
Un altro tema ricorrente, all’interno delle commedie di matrice campana, ma che accomuna tutta la cultura del Sud in senso antropologico, è il richiamo al soprannaturale, alla presenza di spiriti. In questo caso, abbiamo lo spirito di Don Vincenzo Pagliara, il padre di donna Chiarina. Proprio lui è al centro di un grande equivoco.
“Questi spiriti – evidenzia il regista – inizialmente sembrano spiriti avversi e dispettosi, ma alla fine si riveleranno benevoli per i personaggi, conducendo al lieto fine della vicenda“.
Complimenti a tutto il cast – il dettaglio in locandina – e alla prossima rappresentazione!
Ph. Pino De Pascale























