HOMETEATRO

In cammino verso la V edizione del Premio Serra – Campi Flegrei

Conto alla rovescia per la serata finale dedicata al V premio Serra – Campi Flegrei.

Un premio che dà spazio al talento di attori e di autori emergenti. Vogliamo accompagnare il countdown ricordando la premiazione dell’anno scorso. Il vincitore della sezione autori, Marco Maffei, con Parole perse. El Alamein 1942  si è immedesimato nel suo scritto e lo ha voluto anche interpretare in prima persona.
Un viaggio tra le parole non dette, che attraversa il tempo e la memoria come una lama, per lanciare un urlo di dolore contro le guerre di ieri, ma che richiama indirettamente anche quelle di oggi.
Intriso delle paure che stringono la gola e annichiliscono i battiti del cuore. Dei sentimenti contrastanti che agitano l’anima di chi è richiamato in guerra, costretto ad allontanarsi dai suoi affetti certi e più cari.
Un cuore in affanno tormentato dalla paura che una separazione momentanea possa diventare definitiva… E quando la guerra si conclude, il protagonista può riabbracciare chi ama. Così c’e tutto il portato di gioia e di tenerezza legato al momento del ricongiugimento, vissuto con grande intensità ed emozione. Un afflato che è stato premiato.
In scena, poi, ci sono state: la tragedia di chi attraversa il mare periglioso su un guscio di noce, una carretta del mare arrugginita, in cerca di un futuro migliore.
In fuga dall’orrore della miseria, della guerra, delle torture, degli abusi.
La disperazione di chi vede letteralmente naufragare i suoi sogni in mezzo a un mare in tempesta che non concede scampo. Di chi assiste impotente all’annegamento di chi ha condiviso il viaggio con lei… Persone care o sconosciute. Come e dove si riesce a trovare la forza per andare avanti e per non arrendersi al dolore? Forse nell’idea di proteggere e prendersi cura di una piccola vita in boccio…
Spazio, inoltre, a tre declinazioni dell’inquietudine e del male di vivere.
Il premio come miglior attore è andato a Valerio Lombardi con Er fattaccio di Americo Giuliani, un lavoro in romanesco sulla marginalità delle periferie e di chi ci vive.
 Riflettori accesi su chi cerca di riscattarsi, ma è costretto a difendere sè stesso e sua madre persino dagli altri membri della propria famiglia. Menzione speciale per Riccardo Marotta e il suo Una questione di vita o di morte . Il racconto di un tentativo di affermare sè stessi e di far conoscere il proprio micromondo, correlato al rischio subdolo di snaturarsi a di diventare altro da sé. Un inquietudine che si è poi rispecchiata e ritrovata in un alterego femminile, che comprende penosamente che a importare davvero ai nostri followers, ai nostri proseliti mediatici, non è chi siamo, ma chi fingiamo di essere. Basta che la finzione sia sufficientemente patinata, sgargiante e convincente.
Trovano spazio anche due riflessioni sul rapporto tra vita e morte.
In una, il tono è graffiante e ironico. È quello di una donna che si interroga sulle scelte fatte. Sotto la superficie si agita la sofferenza e l’insofferenza per le pressioni sociali, i pregiudizi e i giudizi sommari.
Nell’altra, l’ombra della malattia e dello stigma  rischiano di minare la radice più profonda di un’autentica possibilità di condivisione.
In entrambi i casi la risposta sembrerebbe essere l’amore. Quello verso sè stessi, che spinge all’autodeterminazione. E quello verso l’altro da sè, che ci salva dell’abisso da un baratro che si spalanca dentro e fuori di noi.

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