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Richiamo per fagiani: un apparente dilemma etico che spiazza lo spettatore

Buona la prima rappresentazione campana per lo spettacolo Richiamo per fagiani di e con Igor Chierici e con Luca Cicolella. Le quinte di ieri, venerdì 24 ottobre, erano quelle del partenopeo teatro Serra.

Lo spettacolo torna in scena dopo una lunga pausa, in cui i due artisti si sono dedicati ad altri progetti. Ha visto la luce diversi anni fa ed è stato portato regolarmente sui palchi fino al 2017, come spiegano i due attori.

Richiamo per fagani si rifà alla grande tradizione del teatro greco: la scena e la storia sono ambientate tra un piccolo paese della Svizzera e la Russia, tra gli anni Settanta e ottanta. Un luogo e un tempo relativamente lontani che divengono scenario della trattazione di temi molto delicati e attuali.

Abbiamo scelto – spiegano Luca e Igor – di raccontare la nostra storia in un altrove e un’epoca relativamente distanti. Crediamo, infatti, che questa sia la missione del teatro: raccontare storie che potrebbero accadere. L’ambientazione in Russia negli anni ’70-’80 conferisce un elemento di realismo e veridicità perchè all’epoca lì non esistevano cellulari e mezzi diversi dal telefono fisso e questo faceva sì che fosse più facile incorrere nelle interccettazioni telefoniche“.

Secondo gli addetti ai lavori, il titolo Richiamo per fagiani rappresenta una vera e propria licenza d’autore perché non ha veramente a che vedere con il traffico illegale di organi. Si sarebbe potuto trattare di un richiamo per leoni: qualcosa di eroico e fiero.

Invece viene richiamato un animale semplice e ingenuo, che vive in campagna e viene stanato dai cacciatori attraverso l’utilizzo dei cani. Il suo candore richiama quello dei bambini.

Un titolo che costruisce intorno a sè l’intera storia quasi come se ne fosse una filiazione o una storia che intrinsecamente avoca a sè il titolo più drammaticamente adeguato.


In questo spettacolo – evidenzia Luca Cicolella – non c’è un’unica verità. Alcune affermazioni potrebbero essere del tutto false, raccontate da Branislav per sottrarsi a morte certa, per fornire a Davìd quello che lui vuole sentirsi dire. Dall’altra parte, ci potrebbe essere qualcosa di vero. Il nostro intento non è quello di dare risposte precise, rassicuranti e definitive. Non è quello di creare una contrapposizione tra i vincitori e vinti. Non c’è una morale finale e salvifica… Il nostro obiettivo è quello di raccontare di due vite che si incrociano su barricate opposte, entrambe vittime di un potere coercitivo che in qualche modo agisce sopra le loro teste“.

Quando si apre il sipario – gli fa eco Igor Chierci – allo spettatore sembra di vedere un universo lontano dal proprio. Però questo universo progressivamente si avvicina e racconta una storia che potrebbe essere paradossalmente la propria, in quanto genitore, o quella di un proprio caro che si trova a vivere una situazione simile“.

Lo spettacolo, richiamando le parole dei due artisti, ha i canoni di una tragedia moderna.

Ritroviamo le eco di Harold Pinter e di David Mamet e la forza degli archetipi classici che la tragedia greca riesce a rendere universali.


È ovvio – sottolinea Igor – che ci siano delle contaminazioni. Prima di essere dei professionisti, siamo degli spettatori e degli appassionati del teatro. Ci immergiamo nelle sue atmosfere per arricchirci“.


Quella di Luca Chierici è una drammaturgia elastica, che che può subire una ricalibratura e dei rimaneggiamenti nel corso del tempo, in un’operazione di taglia e cuci di alcuni segmenti e di successiva messa in prova, in base alle reazioni del pubblico.

Si tratta – ribadiscono – di una drammaturgia classica che serve, però, a raccontare storie nuove“.


Il realismo e la tensione crescente di cui i due artisti si fanno potenti vettori, trasformando rapidamente l’atmosfera da quella di una commedia ironica a quella di una tragedia contemporanea, passano dalle parole e dagli atteggiamenti, ora freddi, ora impacciati, ora pervasi da un’ira profonda che ha rotto gli argini, alla pelle. Le emozioni esondano e fuoriescono sotto forma di un rossore paonazzo o di un copioso sudore. Si traducono in movimenti fulminei e animaleschi, di grande vigore e impatto, che mordono la carne e fanno male. In occhi roteanti e quasi vuoti di vita che impressionano.

Branislav – ribadisce Luca – è uno dei personaggi più fisicamente complessi che io abbia mai affrontato ma, per certi versi, è anche facile da incarnare, grazie al susseguirsi di azioni che sono particolarmente realistiche. I suoi contorni emergono dal flusso degli avvenimenti. Un personaggio non si costruisce solamente in base all’idea che si ha di lui, bensì relazionalmente, cioè grazie a come gli altri personaggi agiscono su quest’ultimo e a come lui reagisce ai loro comportamenti e a quello che accade fuori“.


Richiamando le parole di Chierici, i ritmi sono ben codificati e calibrati. La partitura registica è rigorosa e precisa. I tempi non sono serrati, ma lasciano respirare le emozioni tra una sofferenza fisica e una emotiva.


Dopo il successo al teatro Serra dove ha esordito ieri, venerdi 24 ottobre, lo spettacolo tornerà in scena stasera, sabato 25 ottobre alle 20:30, e domani domenica 26 ottobre, al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno. Sarà possibile ritrovarlo il 29 e il 30 novembre al Factory 32 di Milano e a gennaio a Genova.

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