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Love: Casaula al Serra indaga con coraggio le urgenze dell’amore

Giacomo Casaula torna al teatro Serra in via  Diocleziano 316 con lo spettacolo Love. Con lui sul palco Andrea Barone alle tastiere e  Stefano Torino alla chitarra classica, che curano anche le musiche dei suoi brani e gli arrangiamenti di questo spettacolo, dando vita a un gioco di squadra affiatato.


Ancora una volta Casaula propone un intenso viaggio tra musica e parole alla ricerca del senso dell’amore.

Carboni canta “Ma l’amore che cos’è… È bravo chi lo sa spiegare” e Sergio Cammariere ribadisce che “L’amore non si spiega“. Non contento Celentano rincara la dose affermando che “L’emozione – e quindi l’amore – non ha voce“.

Giacomo condivide con il pubblico la sua visione dell’amore nelle sue differenti possibili declinazioni.

L’amore – evidenzia – è quell’energia, quella forza, che fa girare il mondo. Le persone lo possono manifestare in forme ed espressioni diverse. Esiste l’amore di coppia, quello filiale e genitoriale, quello tra fratelli, tra amici, tra amanti…“.

È condivisione delle fragilità attraverso un bicchiere di “barbera e champagne”. È accettazione delle legittime fragilità. É sentimento insieme individuale e collettivo quando assume le sembianze dell’impegno civile.

Sul filo di autentiche emozioni, ma anche di profonde riflessioni, l’amore rivela le sue molteplici sfaccettature e imbocca la strada della denuncia sociale e dell’impegno per i diritti.

Nello spettacolo – continua – il sentimento individuale diviene subito impegno collettivo secondo il motto che ciò che è personale è anche politico e si intreccia con la sfera pubblica e sociale. In particolare, il teatro – canzone non può fare a meno di parlare di individui e di collettività“.

Casaula addita le trappole delle strumentalizzazioni e  di quella parità spacciata per equità che alla fine omologa e cancella le legittime differenze.
L’amore vero, invece, è valorizzazione delle differenze e accettazione delle reciproche fragilità e di quelle laceranti solitudini riflesse e affogate in un bicchiere di vino o ancora nascoste dietro una maschera allegra e ridanciana.

È stato molto facile – spiega Giacomo – tessere la trama di questa riflessione tra parole e musica, perchè tutti i grandi autori hanno parlato d’amore. Avrei potuto inserire molti temi classici, ma ho scelto una chiave più contemporanea. Nella scelta dei testi, per esempio, ho puntato su Gaber, Lerici, Alda Merini, il monologo finale di American Beauty. A livello musicale, oltre ad alcuni pezzi iconici di De Andrè, Gaber e Rino Gaetano ho aperto la prospettiva ad autori come Baustelle con Bruci la città o Tommaso Primo con Posillipo interno 3“.

L’amore è anche rappresentato dal coraggio di saper esporsi ed esporre le proprie debolezze, sottraendosi al processo di idealizzazione, alla tentazione di essere sogno incarnato. È l’autenticità di sapersi mostrare come tutt’altro che un eroe, anzi come un antieroe, un piccolo, tenace bonsai che non perde mai la fiducia in un progetto comune,  nel pronome noi. Giacomo Casaula declina il suo canto d’amore attraverso le parole di diversi autori – intrecciandole alle proprie in brani come Viola e Bonsai.

Miscela riflessioni molto impegnate a un clima soltanto apparentemente più leggero; l’idioma italiano e la lingua napoletana che si trasforma in slang.
Si immerge in questo sentimento a diverse profondità e lo osserva riflesso in mille specchi: afflato verso la propria città e un quartiere; una squadra di calcio; un ricordo che si eterna. Tesse le trame di un dialogo tra individuale e collettivo, tra tempo passato e attuale, ottenendo un risultato di grande impatto, capace di suscitare una profonda emozione  non scevra dagli affondi inaspettati dell’ironia.

Ogni autore – sottolinea – ha la sua cifra stilistica per risultare autentico. Molto dipende dal suo sentire individuale, dalla sua soggettività. Ci sono artisti che hanno bisogno di elaborare per molto tempo un’emozione, trattenendola dentro di sè addirittura per anni prima di poterla condividere. Altri riescono a farlo, per una sorta di intuizione, in poco tempo“.

Giacomo riesce a far immergere lo spettatore in un viaggio di riflessione potente e inconsueto, grazie a una scelta iniziale che gli permette di costruire la sua drammaturgia intrecciando monologhi e brani suoi con quelli di altre sensibilità autoriali, senza apparire mai scontato, perché quando  si parla d’amore si rischia sempre di scivolare nella banalità e in un sapore malmostoso e stucchevole. Di abusare di questa parola oppure di farla sprofondare in un clima pesante mentre, come ricorda lui stesso, quando si parla di questo sentimento bisogna sempre intingere la penna nel colore, nelle emozioni e nella vivacità, anche se esso può celare anfratti di dolore, di solitudine, di disillusione e di strumentalizzazione individuale e sociale.

Ecco perché parlare d’amore non è scontato anche se oggi più che mai appare necessario.

La chiave di volta – chiarisce Giacomo – è l’urgenza di dire alcune cose che ritengo importanti. Una necessità cosí forte da farmi contorcere lo stomaco. Gli strumenti possono essere molteplici: il teatro – canzone; la musica; la letteratura; i provini di un film. L’urgenza è alla base del sentire artistico. Se non avverto questa spinta, tale da farmi prudere le mani, da rendere davvero urgente ció che canto, preferisco fare altro. Altimenti lo scotto da pagare è il rischio di cadere nella banalità, nel cliché dell’amore idilliaco“.

Video di Simona Pasquale 

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