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I dolci dei morti, la bontà della tradizione italiana

Oggi si celebra la festa dei morti una ricorrenza della Chiesa Cattolica che nel calendario liturgico segue il giorno della festività di Ognissanti.  Numerose le tradizioni legate a questa festa dalle origini antiche, ma forse una che incanta grandi e piccini è quella della preparazione di gustosi dolci. Ogni punto dell’Italia ha il suo, scopriamolo insieme:
 
In Lombardia si è soliti preparare “IL PANE DEI MORTI”
Biscotti, amaretti, frutta secca cannella e noce moscata animano il Pà edi morcc, già presente sulle tavole del 1400. Se site dei buongustai potete aggiungere una scorza d’arancio, del cedro candito e accostare al piatto un calice di vin santo. Per dargli forma e soprattutto il colore delle ossa vengono cosparsi abbondantemente con zucchero a velo.
 
In Trentino Alto Adige, invece ci sono i “CAVALLI”
Grosse pagnotte dolci. Il riferimento ai cavalli sembra risalire al culto greco della dea che accompagnava i morti nell’oltretomba, Epona, protettrice appunto dei cavalli.
 
In Toscana si mangia il “PAN COI SANTI” 
Farina, noci, miele, strutto, uvetta e pepe nero si amalgamano in una grossa forma di pane dolce. I toscani non si limitano a infornare per la festa dei morti, continuando a gustarlo fino alla fine dell’Avvento.
 
A Parma e in Sicilia si sgranocchiano “LE OSSA DEI MORTI”
Hanno una bella consistenza croccante, caratteristica data dalla pasta qualche giorno dopo la cottura in forno. Si registrano un po’ di variazioni. A Parma usano la pastafrolla e si usa glassarli, mentre in Sicilia li chiamano “crozzi” e le materie prime sono davvero povere: farina, acqua, zucchero, cannella e chiodi di garofano.
 
A Lecce  si gustano “LE FANFULICCHIE”
Riccioli di zucchero caramellato attorciglilati, al sapore di menta. 
 
A Roma ma anche un po’ in tutta Italia si mangiano “LE FAVE DEI MORTI”
Farina di  mandorle tritate, l’albume d’uovo, pinoli, zucchero e la buccia di limone grattugiata creano questi pasticcini che hanno assunto questo nome perché una volta la base del pasticcino era proprio la fava, che con le sue radici profonde era simbolicamente legata a un mondo sconosciuto e sotterraneo.
 
In Puglia si prepara “LA COLVA” detta anche “GRANO DEI MORTI”
Nella ricetta tradizionale non c’è zucchero, ma il vin cotto. In aggiunta noci tritate e cannella.Il grano bollito nella chiesa ortodossa viene accomunato a morte e resurrezione. Nella Grecia antica il grano era associato alla dea della terra Demetra, simbolo di vita. 
 
Scendiamo in Sicilia e troviamo “MANI, DITA DI APOSTOLO E PUPI SICILIANI”
Sulle tavole catanesi troviamo gli ‘nZuddi (i Vincenzi), biscotti nati nel convento delle Suore Vincenziane fatti con mandorle, farina, miele e cannella. A Messina ci sono biscotti croccanti alle mandorle chiamate piparelle, da inzuppare nel liquore. E un po’ ovunque spuntano nelle cucine i pupi di zucchero a evocare gli avi della famiglia, o i panini dolci a forma di mano.
 
Infine un giro a Napoli per assaggiare “O’ MORTICIELLO”
Si tratta di torrone, ma nella versione proposta in questa ricorrenza non è morbido e non c’è traccia di miele nell’impasto. L’ingrediente comune è il cioccolato con le sue varianti: al caffè, al gianduia o alla crema di nocciole. Il dolce viene servito a fette

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