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MisStake al Caos Teatro, Fabiana Fazio: “non sono una romantica a tutti i costi “

Il 13 e 14 ottobre (sabato ore 21 e domenica ore 19) al Caos Teatro di Villaricca andrà in scena MisStake, scritto, diretto e interpretato da Fabiana Fazio, con assistenti alla regia Angela Carrano e Giulia Musciacco, collaborazione ai movimenti di scena Maura Tarantino.

Un monologo, soliloquio di parole e canzoni che partendo da Shakespeare, soprattutto dalla sua tragedia più famosa, Romeo e Giulietta, affronta il tema dell’amore e delle sue infinite possibilità.

Concentrandosi sul concetto di pessimismo metafisico Arthur Schopenhauer ha definito l’amore come un’illusione. Come vorrebbe che questo sentimento fosse visto dallo spettatore di “MisStake“ con un’accezione positiva e poetica o negativa e illusoria?

Se non ricordo male per Schopenhauer la vita sarebbe un alternarsi di dolore e noia e l’amore la forma più estrema del dolore… due persone che si innamorano altro non sono per lui che due infelicità che si incontrano. Beh! Come non essere d’accordo con lui! In fondo, in molti casi è proprio così. Mi chiede come vorrei che l’amore fosse visto, dagli spettatori: con un’accezione positiva e poetica o negativa e illusoria? Io mi faccio delle domande sull’amore, proprio perché non ho risposte. E comunque sia, la risposta non è mai una sola. L’amore può essere illusione, come è per Schopenhauer o può essere amore gioioso, come dice Spinoza (“L’Amore è Gioia, concomitante con l’idea di una causa esterna”), che lo vede come il motore di quella comprensione del mondo che, sola, permette all’uomo di rendersi veramente libero ed è pura gioia. O forse come direbbe Nietzsche: “Quel che si fa per amore è sempre al di là de l bene e del male”. Quello che è certo è che nulla resta fermo, quando Amore agisce: “L’amor che move il sol e le altre stelle” dice Dante, nel suo Paradiso. L’amore è forza che s-muove. Energia creatrice e/o devastante. Che può rompere da un lato e/o costruire dall’altro. Quello su cui pone l’attenzione MisStake è forse la capacità (incapacità) del’individuo di comprendere realmente se stesso e i propri sentimenti. E il proprio agire in relazione a questi sentimenti. Cosa ci muove realmente nelle relazioni? E’ sempre amore quello che pensiamo di provare? E di che amore si tratta? Di quale amore necessitiamo? Perchè amiamo chi amiamo? Amiamo? E l’amore ci rende liberi? E se non ci rende liberi è amore? Queste sono alcune delle domande che mi pongo. Potremmo citare ancora tanti filosofi e pensatori che parlano d’amore, ma io preferisco rifugiarmi nei sonetti di Shakespeare“Amor è troppo giovane per capir che sia coscienza eppure chi non sa che ha vita dall’amore?” (Love is too young to know what conscience is; Yet who knows not conscience is born of love?) oppure: “Tu sai che son spergiuro quando t’amo, ma tu lo sei due volte quando mi giuri amore…” e ancora: “Ahimè, quali occhi mi ha messo in fronte Amore che non son consoni alla vera vista o se lo sono, dov’è svanita la mia mente che giudica con errore quanto essi vedon giusto?” Insomma si potrebbe andare avanti all’infinito. Ma è un tempo che non ci appartiene.

Il titolo dell’opera gioca con le parole e la loro “anglofonia” perché questa scelta?

Shakespeare scrive in inglese. I suoi testi andrebbero sempre letti in lingua originale. Questo ovviamente vale per tutti gli autori. Ogni lingua ha una propria musicalità che nella traduzione (per quanto di livello) viene necessariamente penalizzata. Avendo in qualche modo il mio testo preso come spunto “Romeo e Giulietta” mi piaceva l’idea di conservare qualche cosa di originale, di English. Il termine Mistake poi, e il conseguente Miss-take mi offrivano una infinità di giochi di senso (nonsense), significati e ragionamenti. Nella lingua inglese sono tanti i casi in cui due parole diverse nella scrittura e nel significato possono essere pronunciate da un non- inglese in maniera simile, creando confusione. E’ il caso di Hungry (affamato) e Angry (arrabbiato). Usare un termine al posto dell’altro può diventare anche un sbaglio proficuo. Da errori come questo si può trarre giovamento. Dar vita a nuovi imprevedibili significati, avere o aprirsi a prospettive altre. Nel testo sono presenti qua e là alcune citazioni in inglese con cui gioco, all’occorrenza, ma senza esagerare, così da renderlo accessibile anche a chi non parla una sola parola di inglese.

Il dramma di Romeo e Giulietta è da sempre considerato icona dell’amore perfetto, il suo affrontare il tema in modo da rovesciare il capitolare della storia è una forma di denuncia sociale nei confronti del romanticismo o c’è dell’altro?

Non sono una romantica a tutti i costi. E con questo non sto dicendo che l’amore non sia romantico per me. L’amore può rendere romantico chiunque, o quasi. Ma… Romeo e Giulietta è una tragedia. E come tutte le tragedie shakespeariane, i personaggi muovono inesorabilmente verso il loro tragico destino… affinché sia la tragedia che deve essere. Anche nelle prospettive che propongo io dell’amore e della relazione il punto è questo: la tragedia è tragedia. Non può che finire tragicamente. “Sarebbe una tragedia in ogni caso”, anche se dovesse evolvere diversamente. Comunque dovesse andare a finire, sarebbe una tragedia. “E’ finita. Finirebbe comunque. In un modo doveva pur finire. Con la morte. Con la fine. Meglio con la fine. Nessuno spargimento di sangue” Dice una delle ipotetiche Giulietta.Non c’è nessuna speranza dunque? Non se smettiamo di farci domande. Quelle giuste. Denuncia sociale? Ma no. Al massimo quello che denuncio è la scelta (consapevole o meno) di non farsi domande. Il decidere di non interrogarsi realmente sul proprio sentire. Il non indagare i propri sentimenti in maniera onesta. Solo questo ci rende colpevoli, verso noi stessi, in primis. E ci impedisce la libertà.

Ci racconta qualche aneddoto sulla realizzazione dell’opera?

Aneddoti? Ero in giro con i vestiti di scena in un palazzo per fare delle foto. Una signora arriva sul pianerottolo e mi fa (tra l’altro trovandomi arrampicata sulla ringhiera): “Vuje sit’ a spos’ ‘ro terz’ piano? Chell’ ca s’adda spusa’?” e io: “No sono un’attrice. Devo fare dello foto per uno spettacolo” E lei: “E’ facit’ bbuon. Nun dat’ rett’. E’ megl’ a’ recità”. Fine. Come darle torto!

 

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