HOMEScienza

Moria di tartarughe sulla costa del Salvador

Il mese scorso la baia di Jiquilisco si è trasformata in un cimitero di tartarughe. Tra 300 e 400 il numero dei cadaveri di questi animali che sono stati trovati al largo della costa del Salvador. Le carcasse in decomposizione hanno attirato l’attenzione degli abitanti del posto sin dal 28 ottobre, ma la moria è stata resa ufficiale solo successivamente con un tweet del ministro dell’Ambiente salvadoregno.

Ancora non sono stati raccolti sufficienti dati e si ignorano i dettagli sul numero dei decessi e sulle cause. Si sa solo che sono morte tartarughe appartenenti a molte specie diverse, che vivono in questa area: imbricata, liuto, bastarda olivacea, verde. Quella più colpita appare essere stata però la tartaruga di Kemp.

Una moria del genere non è la prima volta che si verifica, infatti già nel 2003 e nel 2006 si era assistito al ritrovamento rispettivamente di 200 e 120 tartarughe morte. La causa in questi casi è stata la “marea rossa”, ossia il fenomeno di fioritura di un tipo di alghe che, in determinate condizioni, possono diventare tossiche. La loro crescita viene alimentata dall’inquinamento chimico o organico e, ingerite dalle tartarughe, sono per loro letali.

Eppure in questo caso ancora non si può essere sicuri delle cause della moria. I campioni delle tartarughe morte sono stati spediti ai laboratori dell’Università de El Salvador per ulteriori indagini. Intanto si comincia a ipotizzare quali possano essere ulteriori cause, e si pensa anche alla pesca a strascico dei gamberi, in quanto i rettili possono rimanere impigliati nelle reti ed annegare.

Mike Liles, responsabile della sede salvadoregna della Eastern Pacific Hawksbill Initiative per la conservazione delle tartarughe, ritiene che questa può non essere la sola moria. Esiste la possibilità che se ne seguiranno altre, causate dall’effetto combinato degli scarichi dell’agricoltura intensiva e dell’aumento della popolazione delle tartarughe.

Condivide questo pensiero anche Alexander Gaos, biologo che lavora presso il Conservation Ecology Lab, che continua sottolineando la necessità di mettere in cantiere un numero maggiore di programmi di conservazione.

Share This:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cultura a Colori