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Plastic smog: microplastiche anche nei pesci che mangiamo

Il plastic smog è ormai inesorabile. I 5,25 miliardi di miliardi di frammenti di plastica, che galleggiano sulla superficie degli oceani, rappresentano solo una piccola percentuale delle circa 13 milioni di tonnellate di plastica che ogni anno si riversano negli oceani. La restante parte affonda, si deposita e si accumula sui fondali diventando anche cibo per i pesci che poi arrivano sulle nostre tavole.

A causa dell’esposizione prolungata ai raggi UV e al movimento della onde, questi rifiuti  si frammentano in particelle di dimensioni inferiori ai 5 mm, le cosiddette microplastiche. A queste si aggiungono le microplastiche primarie, delle polveri finissime di materiale plastico, fatte per l’utilizzo industriale. Ovviamente l’uomo non sversa in mare solo plastica. Infatti a queste vanno aggiunti i materiali tossici, gli idrocarburi, i pesticidi. Questi e  qualsiasi altra sorta di inquinanti si depositano sulle plastiche,  una volta ingeriti vengono rilasciati e assorbiti dagli organi degli animali marini.

Secondo Silvestro Greco, direttore di ricerca presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, ci sono tre rischi principali associati alla presenza delle microplastiche negli ecosistemi marini:

  1. “Il primo rischio è rappresentato dalla perdita di specie e dalla riduzione della biodiversità.”È stato dimostrato infatti che in alcune specie di  copepodi,  ingerire le microplastiche  fa diminuire la loro capacità di ingerire alghe, oltre alla capacità di riprodursi.
  2. “Il secondo rischio è quello di una riduzione delle risorse ittiche, con possibili risvolti commerciali ed economici. La perdita di alcune specie di zooplancton avrebbe, infatti, ripercussioni su tutta la rete trofica. Lo zooplancton è la base dell’alimentazione per diverse specie di pesci. Se manca un anello si rompe tutta la collana”.
  3. “Infine” – ammonisce il ricercatore – “c’è il rischio per la salute dell’uomo: sappiamo che le microplastiche entrano nella rete trofica e sappiamo che le sostanze tossiche associate ai polimeri plastici vanno incontro a fenomeni di biomagnificazione. Ma degli effetti sulla salute umana non sappiamo nulla”.

Il problema è andato incrementandosi negli ltimi tempi a causa dello sviluppo economico dei paesi del sud-est asiatico. L’incremento dell’uso di plastica monouso non accompagnato da un adeguato programma di smaltimento rifiuti ha fatto si che molte più plastiche venissero disperse nell’ambienta. La colpa è anche della grandi multinazionali come Coca-Cola, Unilever, Procter and Gamble, o aziende simili, che usano differenti standard di produzione diversi a seconda che producano per il mercato europeo o per i mercati di Asia e Africa.

“Il riciclo riduce l’entità del problema, ma è una soluzione transitoria” spiega Enzo Favoino, Lead Expert of the Knowledge Team di Let’ do it World. “La soluzione definitiva al problema del Plastic smog, in mare e negli ecosistemi terrestri, è la revisione dei modelli produttivi: riuso, riduzione, durevolezza“.

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