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Il Sanremo di oggi, una cesura col passato e lontano dal futuro

Era l’anno della nascita del Totocalcio, videro la luce “Il giovane Holden” di Salinger e “Il Visconte Dimezzato” di Italo Calvino . Correva l’anno 1951 che, sul finire di gennaio, vede i natali di uno degli eventi più mondani che riguardano il nostro paese.

Siamo in un casinò in provincia di La Spezia – a Sanremo con precisione – e Nilla Pizzi, con la sua Grazie dei Fiori, vince il primo Festival di Sanremo, il Festival della musica italiana.
Da quel famoso 1951, tuttavia, molte cose sono cambiate.  Il mondo è stato rivoluzionato dall’avvento dei social, la nascita di nuovi modi di fare musica e vedere lo spettacolo ha lasciato al Festival l’idea che, adesso, Sanremo è collegato non più al presente e ancora meno al futuro, ma all’imperfetto.

Eppure, nonostante i tempi siano cambiati, il Festival di Sanremo è l’essenza della cultura italiana, è proprio la radice dell’esperienza festiva degli Italiani, è quell’appuntamento a cui difficilmente si rinuncia. E’ una gara canora, presentata da un demiurgo della tv italiana, circondato da miss e vallette vestite secondo la moda del momento, e questo è un tratto in comune con tutte le edizioni, dalla prima all’ultima. L’edizione di questo Sanremo è la numero sessantotto. Forse sarà l’anno della contestazione, o del cambiamento, ma sarà il Festival nel nome di Modugno, Nilla Pizza, Gigliola Cinquetti, Iva Zanicchi, Luca Barbarossa, e Francesco Gabbani che – più di tutti – rappresenta quel passaggio, o forse quella cesura, fra il vecchio Festival ed il nuovo Festival, con un modo di fare ed interpretare la musica che poco ha a che vedere con la metà degli anni 90’.

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