HOMETEATRO

Sottosopra: un dialogo ultraterreno per riscoprire se se stessi

Gea  Martire ci parla del suo Sottosopra che settimana scorsa ha riportato un grande successo, facendo registrare il sold out, al Nuovo Teatro Sancarluccio, nel cuore del salotto buono di Napoli

D. La pandemia ha portato fuori quello che avevamo dentro. Qual è il mondo interiore della protagonista

R. Ci siamo trovati in una situazione di isolamento e chiusura singolari, di costrizione collettiva che ha riguardato tutti. Si è creata una doppia risonanza tra l’atmosfera che era all’esterno e ciò che si muove all’interno. Infatti, non si è trattato di un isolamento per scelta o per piacere. Questa donna si getta in se stessa e, per conoscersi e riconoscersi, si relaziona e familiarizza, in maniera allucinatoria, con queste presenze astratte, scavando dentro se stessa alla riscoperta di quella socialità dell’essere umano  maltrattata. Quest’ultima è da ricercare anche e soprattutto nell’umanità a grandi profondità – dove si nascondono i veri angeli custodi –  piuttosto che in entità ultraterrene

D. I santi quando toccando terra si umanizzano, mutuando dagli esseri umani i peggiori difetti. Qual è il messaggio che hai voluto trasmettere?

R. Se da un lato, per ricoprire la nostra profondità e la nostra essenza abbiamo bisogno del disconoscimento della parte più materiale e materica di noi stessi; dall’altra avere dei desideri che riguardano il corpo – per esempio la gola o le pulsioni della carne – non rende meno santi. Infatti la parte divina – tanto per i santi quanto per gli esseri umani – è quella più pura e profonda nel modo di sentire. Questo dovrebbe portarci a ricoprire e a valorizzare la nostra natura, la nostra scintilla divina, invece di pregare dei santi.

D. Che epoca stiamo vivendo?

R. Da un trentennio a questa parte assistiamo a scelte politiche all’insegna dell’appiattimento, della povertà di pensiero a favore della pochezza, che disconosce l’importanza della musica, della poesia, delle parole, trascurando la centralità della coscienza, della bellezza, della cultura, dell’arte, del teatro, al cui posto spuntano supermercati. Le città sono bistrattate. Solo l’attenzione verso l’altro ci potrebbe rendere più nobili.

D. Il tuo monologo è una corsa a perdifiato, che alterna diversi toni e stili, portandoti a sgusciar fuori da una pelle per entrare in un’altra. Quanto è difficile e quanto è stato necessario allenarsi?

R. Non si arriva a un risultato del genere da un giorno all’altro. Da tempo sono allenata alla scrittura di storie di donne. Storie da raccontare, che mi permettono di portare in scena varie situazioni diverse tra loro. Quella del monologo è un’esperienza che parte da un certo punto della mia esperienza umana e professionale, frutto di una notevole maturità emotiva. Mi ci sono accostata 10-11 anni fa. Prima per me sarebbe stato impensabile. Oggi è una formula collaudata.

D. Quali sono i tuoi prossimi progetti?

R. Porto Sottosopra il 2 e il 3 aprile a Sala Ichos a San Giovanni a Teduccio e il 10 al teatro il Giullare di Salerno.  Poi tornerò interpretare Ferdinando di Annibale Ruccello. Verso fine aprile sarà nel partenopeo Teatro Sannazaro e poi a Milano.

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