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Tartufo al Borgo, alla scoperta di Ceppaloni

Un viaggio d’altri tempi, in un treno “Centoporte” degli anni Trenta, alla volta di Ceppaloni, una delle mete più ambite dai tartufai dell’Italia meridionale.

È il “treno del tartufo”, dedicato agli intenditori e agli appassionati dell’“oro bianco”, che ogni anno, in occasione di “Tartufo al Borgo”, si apprestano a raggiungere il Castello di Ceppaloni.

Artigianato, cultura, degustazioni, laboratori, mostre, musica e natura sono gli elementi che caratterizzano l’evento, durante il quale è possibile degustare pietanze al tartufo e comprendere i metodi di ricerca, grazie a convegni tematici e dimostrazioni di cerca del tartufo con cani addestrati.

Scenario naturale dell’evento, il borgo medioevale di Ceppaloni, ricco di edifici storici e chiese, e risalente alla fine del VII secolo, al tempo del Ducato longobardo di Benevento.

Il Comune sannita, che fa parte dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo (ANCT), nel perpetuare l’evento “Tartufo al Borgo”, sintetizza tre vocazioni, inizialmente differenziate: la produzione del tartufo, la sua commercializzazione e la promozione turistica a esso collegata, in una sinergia che ha come obiettivo finale lo sviluppo del territorio e il consolidamento del rapporto di qualità con il consumatore.

Il tartufo è un fungo ipogeo che vive in simbiosi con le radici di alcune piante, quali la quercia, il tiglio, il nocciolo e il pioppo. Ha una massa carnosa detta “gleba”, rivestita da una sorta di corteccia chiamata “peridio”. L’origine della parola tartufo fu per molto tempo dibattuta dai linguisti, che dopo secoli di incertezze giunsero alla conclusione che tartufo derivasse dal tardo latino terrae tufer (escrescenza della terra). Un’altra corrente di pensiero ritiene, invece, che “tartufo” derivi dalla somiglianza riscontrata tra questo tipo di fungo ipogeo e il tufo, la pietra porosa tipica dell’Italia centrale.

Costituito in alta percentuale da acqua, fibre e sali minerali, sostanze organiche fornite dall’albero con cui vive in simbiosi, il tartufo viene raramente commercializzato intero e fresco, a causa del suo costo esorbitante e delle difficoltà di trasporto e conservazione. Fortunatamente, è sufficiente una ridottissima quantità di tartufo per insaporire un piatto, pertanto viene normalmente preparato in pratici vasetti,  in versione carpaccio, o in “salsa”, perfetta per crostini, bruschette, pasta fresca e secca. Sono inoltre molto diffusi gli oli d’oliva aromatizzati al tartufo, soprattutto per condire arrosti.

Il tartufo ha esercitato il suo fascino anche su molti registi del cinema italiano. Da Marco Ferreri che gli ha dedicato ben due film: “Oggi, domani, dopodomani” (1965), interpretato da Marcello Mastroianni, e “La grande abbuffata” (1973) con Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni e Philippe Noiret. A Luca Verdone, regista del film comico “Sette chili in sette giorni” (1986), interpretato da Carlo Verdone e Renato Pozzetto.

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