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Tutte le Guerre degli States: gli Usa non vogliono un popolo arabo forte

Erdogan meglio di Khamenei, ma nessun nuovo Impero Ottomano deve sorgere in Medio Oriente. La crisi irachena, che coinvolge Iran e Usa, è l’ennesima prova.

Non chiamatele più guerre di pacificazione. No, grazie alle missioni Onu o alle coalizioni per la stabilizzazione. L’assassinio di Soleimani, a parti invertite, avrebbe fatto scattare una rappresaglia ben più terribile di qualche razzo annunciato. Una dimostrazione di forza quella dell’Iran sulla Green Zone, che però non ha provocato vittime. Un’altra dimostrazione del senso di responsabilità maggiore che l’Iran sembra avere a differenza degli Stati Uniti.

Accordi sul nucleare saltati

Nel 2015 l’accordo di Vienna sul nucleare aveva messo un punto. Una pacifica conferenza a cui, tra i vari Stati europei, si incastrava la presenza di Iran e Usa. Ebbene quell’accordo di non proliferazione è saltato a causa dell’assassinio di Soleimani.

Tanti sforzi vanificati dai razzi, ancora una volta, o meglio dai droni. L’Iran straccia l’accordo e migliaia di persone si riversano in piazza. Il generale assassinato diviene martire e l’Iran si prepara a colpire. Una nuova escalation di terrore potrebbe cominciare ma la notizia più grave è la ripresa della proliferazione atomica.

Uno Stato arabo unito spaventa gli States: la Geopolitica mediorientale è fondamentale

Evitare il terzo polo (o forse ormai quarto). E’ il diktat statunitense, che da oltre Oceano rimbomba nel mondo attraverso missioni militari. Da un lato l’America, superpotenza, e dall’altro la Russia, altra superpotenza. Al centro un’Europa spaccata dalle fragili politiche messe in campo dagli Stati dell’Unione.

Il terzo polo, o quarto se consideriamo l’Europa, va evitato. Perché un popolo arabo unito, uno Stato arabo unito, metterebbe fine al controllo delle superpotenze nell’area. Sarebbe la fine dell’estrazione indiscriminata di materie prime e fonti energetiche. L’oro nero scarseggerebbe e ci sarebbe una minaccia strategica nucleare (che già cerca di venir fuori con l’Iran). Isreale, ora stato fantoccio delle potenze Occidentali nell’area armato per tenere in controllo la zona e pronto a dichiarare guerre a comando, sparirebbe assorbita dai popoli circostanti o distrutta. E’ questo che gli Usa vogliono evitare da circa 60 anni.

L’Italia però resta in Iraq: la scelleratezza dei Governi di casa nostra

Poi c’è l’Italia. Uno dei Paesi europei, insieme a Germania e Francia, con il contingente più alto nell’Iraq e la spesa media più alta. La coalizione, a comando Usa come prevede la rotazione dei generali, si muove per la stabilizzazione dell’Iraq ma è un commando isolato.

La Spagna ha ritirato il contingente. Giustamente, perché va bene essere alleati ma non sottomessi. Francia, Inghilterra e Usa hanno, nel corso degli anni, scatenato guerre su propria iniziativa e l’Italia doveva sempre infilarcisi a prescindere. Non è la soluzione giusta, non è corretto. Nella Green Zone l’avvertimento iraniano ha evitato una strage di militari italiani, ma nell’ambito di una guerra, chi non avrebbe vittime? Meglio rifletterci, soprattutto se la guerra non è, almeno propriamente, la nostra.

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Daniele Naddei

Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Campania da maggio 2014.

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