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Napoli, Aron Demetz con “Autarchia” al MANN

Fino al 29 luglio al Museo Archeologico di Napoli (Mann) si possono ammirare le opere dell’artista altoatesino Aron Demetz, uno dei maggiori rappresentanti della scultura italiana.

La mostra «Autarchia» ripercorre la ricerca che dal 2004 ad oggi, ha posto l’artista in dialogo con la tradizione classica. Le opere sono presentate con impianto installativo ed offrono al visitatore la lettura contemporanea di Demetz di quei valori simbolo di un’arte senza tempo.

La mostra è stata inaugurata di recente alla presenza dell’artista, del curatore e del direttore del Mann, Paolo Giulierini che ha sottolineato che la mostra di Demetz «nobilita in modo veramente efficace tutto il museo».

Le circa quaranta opere – allestite nelle sale delle collezioni Farnese, nell’atrio e nei giardini – compongono un’esposizione dal carattere antologico. Una decina sono le opere realizzate appositamente in occasione di questa mostra.

Il titolo della mostra “Autarchia” indica quella condizione di autosufficienza del sapiente che rifugge le convenzioni sociali per perseguire leggi che si autoregolamentano in direzione della felicità. Nel codice di regole di Demetz, l’autore dell’opera non è solamente l’artista – con le sue idee progettuali ed i contenuti etici ed estetici da imprimere nella forma – ma anche la materia verso cui l’artefice indirizza la sua azione. In base alle sue caratteristiche organolettiche, ogni materiale indica un processo esecutivo specifico che l’artista rende visibile nelle testimonianze di alcuni particolari lasciati volutamente in una condizione di “non finito”.

Aron Demetz è considerato uno dei maggiori scultori italiani. In questa mostra l’artista ha interrogato le radici della tradizione occidentale sia artistica che culturale. In un museo dalle collezioni archeologiche importanti come quelle del MANN il rischio era di confrontarsi con l’autorialità del “capolavoro”, che allontana l’oggetto dal fruitore, e con il distacco temporale, che crea un divario insuperabile. L’idea installativa della mostra pone le sculture di Demetz come unità di base per la calibrazione dello spazio. Non richiamando alcun riferimento a soggetti reali, le sue figure invitano lo spettatore ad identificarsi con esse, si trasmutano in spazi vuoti in cui egli può immergersi per fruire lo spazio plasmato dall’artista. Attraverso le sue sculture Demetz coinvolge lo spettatore in un dialogo ideale con le opere del museo e contestualmente lo emancipa dall’ammirazione contemplativa suscitata dal capolavoro classico.

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