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Cassazione, Buoninconti uccise Elena Ceste

Buoninconti deve rispondere dei reati di omicidio volontario premeditato e di occultamento di cadavere. La tesi della difesa della morte accidentale, o del suicidio, è stata assolutamente smentita dalle indagini.

Va confermata la condanna a 30 anni di reclusione per Michele Buoninconti, il vigile del fuoco accusato dell’omicidio della moglie Elena Ceste, casalinga di 37 anni, scomparsa dall’abitazione di Costigliole d’Asti nel gennaio 2014 e ritrovata morta in un canale a poca distanza da casa 10 mesi dopo. Lo ha chiesto il Pg della Cassazione Giuseppina Casella nella requisitoria davanti ai giudici della Prima sezione penale. Quella di Buoninconti è stata una «chiara e premeditata volontà omicida», con una «accurata preparazione materiale dell’omicidio e delle modalità di occultamento del cadavere» ha affermato. Il movente del delitto «rafforza il giudizio di colpevolezza», ha detto il magistrato, sottolineando che da parte dell’imputato vi era «l’esigenza di affermare il proprio dominio unitamente a un sentimento di vendetta di fronte a tradimenti comprovati». Il marito della Ceste aveva infatti letto alcuni sms «dal contenuto inequivoco» sul cellulare della donna e anche in passato erano avvenuti episodi «al centro di chiarimenti – ha detto il pg Casella – all’interno della coppia».  Per il Pg, quella di Buoninconti “è una personalità malvagia, non c’è stato mai pentimento e non merita attenuanti”.

Dalle sentenze di merito, infine, secondo il pg, è stata «correttamente smentita» qualsiasi «tesi di morte accidentale o di suicidio» della donna, così come è provata «l’inverosimiglianza dell’allontanamento volontario» di Elena Ceste. Il quadro probatorio, ha concluso il pg Casella, «è sorretto dalla convergenza di indizi» a carico di Buoninconti.

La difesa di Buoninconti, non è ovviamente d’accordo: «Il fatto omicidiario non sussiste, è una vicenda dolorosissima, ma non ci sono prove che Elena Ceste sia stata uccisa» ha sostenuto l’avvocato Giuseppe Marazzita, che, con il collega Enrico Scolari, difende il marito di Elena Ceste. «Su quel corpo non c’è una frattura, un graffio, un segno di sangue, e nemmeno di strangolamento – ha detto il penalista durante l’udienza – e dall’autopsia non è emersa alcuna violenza. Non è possibile stabilire come sia morta Elena Ceste, nessuno può sapere come sia finita lì, e tanto meno c’è qualche elemento che provi che sia stata uccisa dal marito».

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