HOMETEATRO

Io sono Fedra: per la seconda settimana al Tram va in scena il mito di Euripide

Una rilettura contemporanea che mette in luce i pericoli di un’adesione acritica e priva di empatia a un sistema preordinato di regole e la forza salvifica dell’amore.

Per la seconda settimana fino a domenica 26 febbraio va in  scena al teatro Tram Io sono Fedra, la tragedia di Euripide, che vede come protagonista la seconda moglie di Teseo. L’autrice Marina Salvetti già ha scritto diversi monologhi brevi ispirati a donne protagoniste del mito o al contrario figure muliebri – ombra che restano sullo sfondo, rilette in chiave contemporeanea.
Tra queste: l’Idra e la Sirena. Ora, invece, si misura con un prodotto più articolato, dove sono presenti una trama, un’interazione e dei dialoghi. Nel suo lavoro si fondono, a un crocevia, l’Ippolito di Euripide e la Fedra di Seneca.


Ne nasce una storia  attualizzata, trasposta all’interno di una società ecclesiastica, dove  predominano la dipendenza dogmatica e il fanatismo claustrofobico che non lascia spazio al dubbio, secondo le parole del regista.

A dare corporeità, gesti e anima ai protagonisti Titti Nuzzolese, Antonio Buonanno, Errico Liguori, Antonello Cossia, con la regia di Gianmarco Cesario.

“Nella mia interpretazione registica – sottolinea Gianmarco Cesario – ho voluto che in ogni personaggio fosse evidente il lato oscuro e anche a livello di gestione delle luci di scena ho voluto fosse predominante un gioco a incastro di luci ed ombre a indicare l’oscurità che dall’interno dell’individuo emerge e diventa palese, proiettandosi all’esterno. Anche molti dialoghi sono origliati nascostamente, nell’ombra”.


Nell’opera attualizzata ci sono molti riferimenti al mito classico: Fedra, infatti, non riesce a riscattarsi dal retaggio di una famiglia considerata dai più come degenere. E’ una vittima che, nonostante i suoi sforzi, non riesce ad affrancarsi dalle sue radici e dal cosiddetto marchio di Caino.
Poi c’è Cataldo che rappresenta la nutrice.


“Per me Cataldo – continua Cesario – è il personaggio più complesso e completo che lavora per sottrazione. E’ razionale; è colui che salva le apparenze, che cerca sempre di limare, attutire, reprimere, affinché nulla sia messo in discussione. Pur reprimendo le proprie emozioni, a un certo punto esploderà, rischiando di arrivare fino alle estreme conseguenze”.


Non a caso, di fronte alla disperazione di Chiara- Fedra, egli la esorterà ad aggrapparsi a ciò che appare all’esterno, a ciò  che gli altri pensano di lei.
Angelo rappresenta Teseo  e nel giovane Ippolito Costantini rivede sé stesso. Un  sé stesso giovane, monolitico, privo di dubbi, che pensa di dover tutto e solo a sé stesso, vittima dei dogmi, della rigidità che però ha portato alla morte di sua sorella Arianna.


Per questo, lui cerca di spingere Ippolito Costantini a scoprire e riscoprire empatia e pietas. Il giovane, infatti, si è legato alle regole in maniera in maniera ossessiva, per sfuggire alla vergogna nei confronti del proprio passato. Un passato che per lui non conosce sfumature e al quale si ribella.


Ha paura dei suoi stessi possibili istinti, delle proprie emozioni. Nella rappresentazione  alcuni elementi sono evidenti, resi in maniera tale da fugare ogni dubbio, non passibili di interpretazioni equivoche.


Per esempio, viene ribadito con forza che Fedra ha compiuto un atto di coraggio, di amore, per salvaguardare Ippolito e tutti coloro che hanno creduto in lei e l’hanno salvata. Lei non può e non vuole tradirli, gettando su di loro l’onta del discredito.


“Non potrebbe non essere così – ribadisce Gianmarco -. Per la mentalità cattolica se un atto come il suicidio non rappresenta un sacrificio diventa empio. Ho cercato di far rifluire in questa rappresentazione dei valori universali, trasversali a qualsiasi tipo di cultura, da quella cristiano – cattolica a quella pagana”.

A vincere, alla fine, è  l’amore: da quello dolce di chi ama e stima la protagonista e il suo tè al profumo di cannella a quello estremo della stessa Chiara, che ama gli altri, ma in fondo protegge la stessa Fedra, una bimba incompresa che voleva solo essere capita e non rinnegata. È questo forse il suo vero momento di salvezza, che la riscatta dal suo stesso giudizio inclemente, la libera dai suoi demoni – quelli che le facevano temere di non essere capace di donarsi in maniera pura e di meritare affetto e tenerezza – e le fa ottenere non solo e non tanto l’altrui perdono ma soprattutto quello da parte di sé stessa. 

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