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Napoli. Pizzeria Trianon, alla scoperta della bontà a “tutto tondo” con Giuseppe Furfaro

La storia di una delle pizzerie più antiche di Napoli tra gusto e solidarietà.

Fondata nel 1923 dai coniugi Leone, la storica pizzeria prende il nome dal teatro nel centro storico di Napoli  luogo in cui si esibivano i migliori artisti napoletani e italiani. Dopo tanti anni la pizzeria continua a portare avanti la tradizione, la passione e la bontà del prodotto in nome degli antichi fondatori. Noi di Cultura a Colori abbiamo avuto l’onore di intervistare Giuseppe Furfaro uno dei titolari.

Qual è il segreto della bontà della vostra pizza?

« Innanzitutto la passione per il nostro lavoro, gli ingredienti di prima qualità e una lievitazione che va da un minimo di 12h fino alle 24h. Non c’è nessun segreto come vogliono far credere, se non la serietà nello svolgere il proprio lavoro».

Ho tanto sentito parlare della vostra pizza a “ruota di carretto” di cosa si tratta?

« Il suo nome deriva dalla grandezza, la forma e il contenuto abbondante. Nacque come piatto dei poveri in un’epoca in cui le persone non potevano permettersi più di un pasto al giorno e quindi la nostra pizza riusciva a soddisfare tutto il fabbisogno giornaliero».

La pizzeria Trianon si è distinta non solo per la bontà della pizza ma anche in termini di solidarietà, mi può spiegare il vostro impegno come si concretizza?

« La famiglia Leone ha sempre fatto del bene al quartiere e noi continuiamo ad impegnarci a 360°, offrendo lavoro a ragazzi potenzialmente a rischio, levandoli dalla strada ma anche donando pizze una volta al mese alla mensa dei poveri. Attualmente, invece, proponiamo corsi gratuiti ai ragazzi che si vogliono avvicinare a questo tipo di lavoro».

So che la collaborazione tra la vostra pizzeria e la Rogiosi Editore prosegue con successo. Come è nata la fortunata idea del “Pizziamoci un libro”?

« In un’epoca nella quale tutto è online, libri compresi, il nostro intento è quello di invogliare le persone a riassaporare il gusto di leggere un libro “vero” per aiutare l’editoria classica».

Lei, da intenditore cosa ne pensa della pizza di Cracco, se pizza si può chiamare?

« Tutto si può chiamare pizza, tutto ciò che viene schiacciato. Anche la pellicola cinematografica, era chiamata pizza. Tutto si può chiamare pizza ma c’è un disciplinare, abbiamo lottato per averlo e adesso siamo addirittura Patrimonio dell’Unesco. La pizza napoletana deve essere fatta in un determinato modo come da disciplinare, schiacciata con le mani, tirata su una pala e cotta su un forno prettamente a legna. Cracco sicuramente è un bravissimo chef e sicuramente avrà fatto un’ottima pizza ma non una pizza napoletana. Se il maestro Cracco è d’accordo siamo disposti ad ospitarlo  per imparare  qualcosa e per insegnare qualcosa noi a lui sulla vera pizza napoletana. L’unico appunto che mi sento di fargli è sul nome, lui l’ha chiamata margherita , questo nome richiama immediatamente la pizza napoletana, la nostra non è una critica ma una precisazione».

 

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