HOMETEATRO

Umana: al Tram di Port’Alba un viaggio profondo alla scoperta di sè

I presupposti dello spettacolo Umana, in programma al Tram di Port’Alba anche stasera, domenica 5 novembre, alle ore 18:00, per la regia di Francesca Esposito, affondano le radici nella lettura di un libro Carattere e nevrosi. L’enneagramma dei tipi psicologici di Claudio Narajo, associata alla passione e allo studio di diversi altri saggi di psicologia e counseling in cui si delinea il cosiddetto enneagramma, che segue la genesi e l’evoluzione di uno specifico tipo di carattere.

In questo libro viene descritto il processo di creazione della ferita originaria, con il distaccarsi di ogni essere umano dallo stato di perfezione primigenia perso quando si viene al mondo. Cosa succederebbe – è quello che si chiede Francesca e quindi, attraverso lei, lo fa anche il pubblico – se due versioni di noi stessi si incontrassero?

È quello che accade ai due personaggi principali, interpretati da due gemelle omozigote, quando si ritrovano l’una di fronte all’altra all’interno dell’hotel Il Secolare che rappresenta, appunto, il mondo nella sua fattualità, nel suo essere terreno e quotidiano, contrapposto a quello spirituale.

Però all’inizio Umana non riesce a riconoscere Flora come la sua versione completa e primigenia. Anzi la accusa di essere responsabile del fatto di non poter prendere possesso della sua stanza, che è infestata dai cosiddetti Nascosti.

I Nascosti rappresentano altre figure psicologiche – non a caso Francesca dà loro un nome che rimanda all’ambito della psicologia e li chiama Nascosto, Represso e
Rimosso.

Sono le forze attive dell’inconscio – spiega – che operano anche nel quotidiano. Non sono necessariamente delle parti disfunzionali di noi, ma sicuramente, fin quando non ne assumiamo consapevolezza, continuano ad agire ai margini della coscienza e sostanzialmente incontrollati

Umana arriva a tal punto a negare una parte di sé, pur di non rispecchiarsi in Flora, da maltrrattarla, respingerla, imprigionarla, fin quando non si rende conto che questa separazione, questa  frattura – giunta alle estreme conseguenze – non fa altro che farla soffrire.

L’atto di rinnegare parti di sè – evidenzia l’autrice del testo – e di farlo addirittura con una versione possibile di sè stessi, promuovendo un processo di vera e propria disgregazione, è solo parzialmente legato a forze esterne, come la famiglia e la morale, che ci soffocano con le loro imposizioni esterne, ma l’opera non vuole essere una critica sociale, bensí un appello alla possibilità di ritrovarsi , anche attraverso un atto di fiducia. Però, per fare questo, c’è bisogno di accettare sè stessi integralmente. Perché tutte le nostre parti hanno diritto di esistere. Alcune sono più legate al nostro universo interiore, altre si sviluppano necessariamente in rapporto con il mondo esterno. Soltanto riconoscendole e prendendosene cura noi possiamo modificarle e quindi assumerci la piena responsabilità della nostra vita“.

Richiamando le parole della Esposito, il vantaggio secondario del mancato riconoscimento risiederebbe nel rimanere protetti tutta la vita da quel copione primigenio che sviluppiamo già verso i 6 – 7 anni, relegati in un’area di comfort che, pur nella sua comodità, non ci rende felici e soddisfatti, anche se apparentemente favorisce la nostra sopravvivenza, ma ci sottrae a tutta una serie di esperienze e, in definitiva, all’autenticità e alla pienezza della nostra possibile esistenza.

Francesca Esposito compie una precisa scelta registica nel privilegiare un’azione molto simbolica, che rappresenta l’alternarsi di molteplici stati d’animo e di un certo movimento, una specifica drammaturgia, interiore.

Come sottolinea la regista, Umana e Flora – che col suo nome allude a una natura molto profonda e pensante ma anche universale, sovraindividuale e primordiale – avrebbero potuto essere incarnate dalla stessa attrice che si guarda in qualche modo allo specchio, ma la regista sceglie che vengano interpretate da due persone diverse, ognuna col proprio carattere distintivo, proprio perché vuole che rappresentino due parti distinte, che interagiscono innanzitutto, ma non solo, a livello fisico.

A dare voce e corpo a questo tema così complesso  – che trova espressione in un progetto vincitore del Premio Regista con la A 2023 –  Clara Bocchino, Anna Bocchino, Taras Nakonechnyi, Lucio De Cicco, Carmela Ioime.

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