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La prigione dell’umanità: il lato oscuro del web secondo Livio Varriale

Un’indagine nel lato oscuro del web volta a smascherare le ipocrisie della realtà virtuale sempre più affamata dei nostri dati personali e di informazioni private. Livio Varriale ha raccontato a Cultura a Colori ‘La prigione dell’ Umanità. Dal deep web al 4.0, le nuove carceri digitali’ (Minerva Edizioni, 2017).

Siamo nell’era della condivisione ad ogni costo, un’epoca in cui la febbre del like e il live posting  sono diventate esigenze primarie di utenti social di ogni età. Certo il fenomeno social ha fornito un’enorme contibuto alla diffusione volontaria, seppur spesso inconsapevole, di dati che favoriscono le multinazionali e che rimangono ‘incastrati’, una volta resi pubblici, nel web. Livio Varriale ci ha racontato il proprio viaggio nel dark web e lo ha fatto parlendoci di ‘La prigione dell’ Umanità. Dal deep web al 4.0, le nuove carceri digitali’ (Minerva Edizioni 2017, p 176)

Come Nasce ‘La prigione dell’ Umanità’?

Nasce da uno studio sul dark web. Dopo qualche mese di ricerca decisi di approfondire l’argomento e frequentando alcuni forum di hacker mi sono reso conto di quanti servizi [creati da hacker] fossero sfruttati dalle multinazionali.

C’è dunque una componente di inchiesta nel libro, quella dedicata all’analisi di questi fenomeni illeciti

L’analisi sociale deriva dall’approfondimento dei rischi della larga diffusione del digitale. C’è infatti un riferimento alla ‘guerra’ tra Russia, Stati Uniti e Cina. La Cina in particolare è di centrale importanza nel discorso sulla produzione di materiale tecnologico ma anche nell’immissione sul web di prodotti contraffatti che esistono già sul mercato reale ma vengono esportati grazie al web. Nella seconda parte del libro, in particolare, c’è la vera e propria inchiesta, mentre la prima racconta il mio approccio alla rete internet.

Che cos’è precisamente il dark web?

Il dark web è una piccola parte del web [rete] criptata per motivi di tutela alla navigazione. All’interno del dark web esistono programmi che favoriscono l’acquisizione di informazioni personali allo stesso modo di quanto fanno le multinazionali. Tramite le nostre informazioni personali le multinazionali possono risalire a ciò che ci piace e generare pubblicità. Allo stesso tempo è possibile però tramite il dark web accedere a mercati virtuali in cui è commercializzata anche merce illecita come droga o armi.

In che modo gli smartphone possono amplificare il pericolo di truffe o acquisizione illecita di dati personali?

Qui interviene la questione dell’ascolto. Shazam [app per smartphone] ad esempio sfrutta dei sensori acustici per risalire ad un brano musicale ricercato e identificarlo. Allo stesso modo diverse applicazioni stanno sviluppando tecnologie dell’ascolto per elaborare informazioni trasmesse a voce e generare tramite alcune parole chiave della pubblicità.

Ultimamente è esplosa una polemica sulla condivisione di foto del figlio neonato di Chara Ferragni e Fedez da parte dei genitori. Qual è il confine tra una condivisione ‘sana’ ed una rischiosa?

In ogni caso si ha la responsabilità di ciò che si pubblica e non misento di stabilire cosa sia lecito pubblicare e cosa no. Sarebbe opportuno però non creare book fotografici dei propri figli o condividere informazioni relative ai propri dati personali. Tuttavia Chiara Ferragni ha fondato un business  sulla condivisione ed è prevedibile che carichi online foto del figlio.

LIVIO VARRIALE

E’ responsabile reti informatiche, giornalista sportivo, responsabile contenuti multimediali mediaset S.p.A., addetto stampa ente pubblico economico, autore tv giornalista politico, vicepresidente Associazione confindustriale, scrittore. Ha pubblicato ‘La prigione dell’ Umanità. Dal deep web al 4.0, le nuove carceri digitali’ con Minerva Edizioni nel 2017.

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