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Trentotto anni fa, la camorra uccideva il giornalista Giancarlo Siani

La sera del 23 settembre 1985 fu rinvenuto, all’interno della sua stessa auto parcheggiata al Vomero, il corpo senza vita del giornalista Giancarlo Siani, di appena 26 anni, la cui unica colpa fu quella di scrivere un articolo pubblicato su Il Mattino il 16 giugno 1985.

Un articolo in cui Siani, raccontando l’arresto di don Valentino Gionta vicino alla Masseria dei Nuvoletta, Siani aveva evidenziato il possibile tradimento dei Nuvoletta, alleati di ferro di Gionta. Far balenare il sospetto che un padrino di mafia avesse potuto decidere di fare arrestare il suo principale alleato era un affronto.
Fu, perciò, la prima volta che la camorra colpì un giornalista, ritenuto ‘colpevole’ di aver indagato nel sottobosco criminale alla ricerca di collusioni tra criminalità organizzata e le amministrazioni locali.

Ci sono voluti 8 anni dall’omicidio, il 1993, per conoscere dalle parole di un pentito, Salvatore Migliorino, il  mandante di quella condanna a morte. Solo nel 1994, Gabriele Donnarumma, cognato di Gionta,  decise raccontare il movente preciso del raid contro un cronista di provincia già inviso perché raccontava come a Torre Annunziata camorra e politica erano ormai diventate una sola cosa.

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