HOMETEATRO

Al Nostos un amore apparentemente dolce ma che si rivela tossico: è Caipirinha, Caipirinha! di Sara Sole Notarbartolo

Sara Sole Notarbartolo con il suo spettacolo Caipirinha Caipirinha! porta in scena al Nostos Teatro di Aversa la storia di un novello Casanova e di un Don Giovanni al femminile. Ad animare con lei la narrazione tre vulcanici attori, la cui interpretazione è intensa, coinvolgente, profondamente umana: Giovanni Granatina, Marco Palumbo e Fabio Rossi.
La prospettiva è totalmente ribaltata rispetto a quella usuale, cara al senso comune. La protagonista, Wilma, domina la scena fino in fondo, ma non si paleserà mai. Sarà evocata e ricostruita, da varie angolazioni e prospettive, attraverso le percezioni di suo marito e dei suoi due amanti. Wilma ha amato, a suo modo, il marito e altri due uomini. I tre sono amici da quando erano alle elementari: lei conosce la sofferenza provocata loro e sa anche che si tratta di un gioco al massacro, secondo quanto evidenzia la regista, ma non  può fare a meno di essere quella che è, di esprimere la sua natura, di amare tutti e tre, anche se in maniera distorta.

Un amore dagli effetti tossici, che ricorda il noto cocktail, apparente dolce, che va giù che è un piacere, ma che poi si rivela ingannevole e “picchia giù duro”.
Vincenzo, Walter e Bob vedono in lei la chimera di un amore autentico e sperano fino all’ultimo di poter diventare l’unico, il prescelto.
“Wilma è una donna poliamorosa ante litteram – spiega Sara Sole Notarbartolo – perché la nostra storia comincia negli anni ’70, quando questo tipo di orientamento non era stato ancora codificato. E’ anche però narcisista e manipolatrice. Per disegnare questo personaggio mi sono ispirata alle figure di Don Giovanni e di Casanova. Wilma, quindi, agisce secondo una prospettiva e una caratterizzazione squisitamente maschili. E’ vero che esistono anche donne narcisiste e manipolatrici, ma è raro che siano così libere sessualmente e che la loro platea maschile le guardi con questa sorta di adorazione e non le giudichi e le degradi meramente a delle poco di buono”.
In questo senso, Il trittico maschile che lei ama, a suo modo, e dal quale è riamata non solo la idealizza, adorandola e deificandola, ma rappresenta anche, in piccolo, quella società giudicante che vedendo in lei una figura maschile più che femminile, invece di denigrarla, come invece succede spesso alle altre donne, la scusa e vede nei tradimenti un segno di emancipazione sociale e di un suo essere una vincente.
“Volevo mettere in luce – sottolinea la regista – anche un altro aspetto. Ogni uomo, anche il migliore, anche il più quieto, quando si trova in una situazione in cui non riesce a padroneggiare sentimenti e emozioni troppo intensi, tali da risultare incontrollabili, finisce per scoprire la violenza insita dentro di sé”.  Questi uomini rappresentano diverse sfaccettature dell’animo umano e solo insieme costituiscono l’uomo che Wilma vorrebbe. Da qui una sorta di frammentazione del sentimento e del desiderio. C’è Vincenzo, apparentemente quieto, ma che fin da piccolo esplode in crisi di rabbia distruttiva e incontrollata. Lui non ha mai mostrato vero coraggio e rifugge la verità,  anche quando diventa palesemente innegabile, sussurrando un “non ancora”. La sua, quando sposa Wilma, è una vittoria di Pirro.
Poi c’è Bob, apparentemente razionale e distaccato, che crede che Wilma abbia bisogno di lui, ma poi ammette di essere lui ad aver bisogno e a essere dipendente da lei. Infine, c’è Walter, il più insicuro di tutti, ma anche il più romantico e sensibile.
“La mia intenzione – continua Sara Sole – di disegnare sulla scena un mondo alla rovescia è confermato dalla frase di Vincenzo: ‘ Torno a casa, Wilma sta per rientrare. Alla fine lei torna sempre’ che è la frase tipica che dicono molte donne tradite”.
Secondo quanto racconta la Notarbartolo, si è scelto di ambientare questa narrazione in un piccolo paese della provincia del Sud. E’ un paese immaginario, Roccapaduli, e per sottolineare questa dimensione provinciale e ristretta gli attori, pur essendo napoletani, hanno scelto, una scelta condivisa, di parlare in dialetto pugliese, con un effetto di grande verosimiglianza e intensità – pochi, infatti, si accorgerebbero che non sono pugliesi .
Si tratta di un testo che è nato lentamente, crescendo assieme agli attori, attraverso un progressivo lavoro di costruzione dei dialoghi, di successive fasi di limatura e di un costante  ricorso all’improvvisazione. Una narrazione suscettibile di una lettura e di un’interpretazione stratificate su vari livelli da parte dello spettatore.
“In realtà – chiarisce Sara Sole – in paese tutti sanno, ma fanno finta di non sapere per quieto vivere. Perché la verità, se verbalizzata del tutto, genererebbe degli effetti da cui non si torna indietro. Fin quando esiste il germe del dubbio, loro possono essere ancora liberi dalla verità”.
I tre protagonisti sono legati da un’amicizia fraterna,  ma anche obbligata, come ribadisce la regista, perché in un contesto così piccolo forse non esiste una scelta veramente libera. Sono una sorta di famiglia e in un nucleo familiare non ci si sceglie fino in fondo. Similmente a quanto accade nella società dell’onore, come la definisce Basanez, si perpetrano dei fenomeni di familismo amorale, richiamando la definizione del sociologo Banfield, e tra loro finiscono per essere meschini e crudeli, imbrigliati nei legacci della competizione maschile. Sono travolti da eventi, come questo amore, questo desiderio, questa passione, ai quali non sanno sottrarsi e forse non vogliono. La narrazione si articola attraverso l’accostamento e la sovrapposizione di più piani temporali, in una magistrale alternanza di dialoghi a perdifiato. Bob è sia uno dei protagonisti sia la voce narrante, che agisce a latere. Infatti,a volte, lo si vede in controluce e racconta alcuni eventi a cui non era effettivamente presente.
Infatti, grazie a uno stato comatoso, vissuto quando era ragazzino, ha assunto la consapevolezza che i vari piani temporali sono sovrapponibili e quindi si muove attraverso un flusso continuo, saltando da un momento all’altro delle loro vite, quasi come se fosse un deus ex machina.
I prossimi appuntamenti sono in programma lunedì, 1 maggio, a Napoli presso la sala Sole, un piccolo spazio polifunzionale dedito alla cultura e alla creatività situato nel cuore di Napoli, gestito dalla stessa Notarbartolo, e venerdì 5 maggio a Genova, in un doppio turno presso il Teatro dell’Arca (associazione Teatro Necessario). Uno pomeridiano , destinato ai detenuti, e uno serale rivolto agli ospiti esterni. Un momento importante di riflessione e inclusione, che conferma la forza e il coraggio del teatro sperimentale, che percorre le strade di una fruibilità trasversale dei contenuti e dei messaggi, e degli spazi che si aprono per ospitarlo.

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