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Casagrande 2.0 tra fornelli e serie web (video)

«Dove ti giri ti giri oggi trovi sempre qualcuno che cucina. Mi  divertiva l’idea di fare una cosa in cui quello che cucina non sa cucinare». Così il mix di  simpatia, del comico Casagrande, e  di spontaneità,  della compagna Tiziana De Giacomo, dà vita al nuovo format “Qua nessuno è chef” in diretta ogni 15 giorni su facebook. Oltre all’esperienza “food” sul social  il 2 aprile è andata in onda su Youtube la serie web “Quello che vedo”. Diretta dal comico,  ideata e scritta da Vincenzo Catapano, Laura Pepe e Maia Salvato, racconta la problematica dell’autismo attraverso gli occhi spontanei di un bambino.  

Una simpatica chiacchierata con l’attore comico Maurizio Casagrande ci ha fatto scoprire una parte “bella” del web. Profili instagram, pagine facebook , twitter e tutti i social media possono servire anche per qualcosa di più concreto di un pollice in sù. Tornare a focalizzarsi su qualcosa di vero utilizzando lo schermo di un computer  come mezzo per avvicinarci davvero alle persone e non solo  per “sparare a zero” su tutto nascondendoci dietro si esso.

Da dove nasce l’idea di “Qua nessuno è chef” ? 

«Dove ti giri ti giri oggi trovi sempre qualcuno che cucina. Mi  divertiva l’idea di fare una cosa in cui quello che cucina non sa cucinare, non ha nessuna velleità di chef ma si definisce tale, giocando con il fatto che c’è la mia compagna di vita che è la mia mezza chef.  Tutto molto ironico, perché credo che il cibo sia un passatempo delizioso e rilassante. Un momento bello da condividere , infatti  io ho fatto costruire la mia  cucina in modo che ci fossero cucina e sala da pranzo tutto in uno. Qualcuno ovviamente ci aiuta.  Una persona che viene a casa, di solito qualcuno che fa  questo mestiere, o che insegna addirittura, che viene a redarguirci. La ricetta ce la danno loro.»

Come mai ha deciso di approcciarsi al mondo dei social e a Facebook in particolare?

«Il tutto tutto nasce da questo, avevo voglia di fare qualcosa per sperimentare il potenziale di contatto che ha Facebook, cosa che è ancora molto sottovalutata a mio avviso. La possibilità di scavalcare completamente le tv quelle che ti dicono ‘questo lo devi fare così, questo è così, devi prendere questo’, invece qui sei completamente autonomo  senza dover dare conto a nessuno. Invitiamo le persone a condividere i nostri video. Condividendoli poi li sorteggiamo per un omaggio dai nostri sponsor.   E’ molto social, la possibilità di avere un contatto diretto con il pubblico. Non ci sono filtri.  Mi piace che poi ci mandano le foto dei piatti fatti da loro. La cosa carina è che io mi immagino che qualcuno da casa con il pc mette il nostro video, si fa quattro risate e contemporaneamente fa un ottimo piatto.»

Questa non è la prima esperienza sul web. La regia di “Quello che vedo” è stato però qualcosa di diverso. Come si è approcciato alla problematica dell’autismo?

«Io sono molto vicino al sociale. Chi di noi ha avuto la fortuna nella vita di poter fare quello che gli piace, poi se quello che ti piace ti è andato bene e piace alla gente sei un uomo fortunato. Se hai avuto questa possibilità e questa fortuna io credo che vada restituita, almeno  in parte. Bisogna tenere d’occhio ciò che fa soffrire gli altri e nei limiti del possibile fare qualcosa. Ho avuto modo di conoscere il problema dell’autismo, non  direttamente ma ho avuto modo di conoscere persone che hanno questo problema ed ho avuto modo di capire quanto sia complesso e quanto è  ancora sconosciuto in parte.Ci sono stati film, come Rain Man, che ci hanno un pò forviato, sembra tutto bello, ma la situazione è molto più complicata. C’è  ancora tanta ignoranza e il non sapere cosa fare quando in una famiglia ci sono bambini che iniziano a mostrare questo problema è esso stesso un problema. Bisogna intervenire subito. Ho imparato per esperienza indiretta, conoscendo le  persone che lavorano nel settore, che se si interviene presto si riescono ad ottenere risultati migliori di quando, invece,  quella persona in difficoltà viene lasciata a se stessa per un periodo troppo lungo poi diviene difficile il recupero o metterli perlomeno in condizione di poter avere una vita il più possibile normale . Quello che mi piace della web series è capire quanto sia fondamentale la famiglia che hanno intorno queste persone  e quanto lo sia anche  tutto il mondo  che li circonda se il mondo si fa coinvolgere da qualcuno che paradossalmente non riesce a coinvolgersi nel mondo. Più persone vengono coinvolte  più queste persone faranno una vita di migliore qualità»

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