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Noi generazione di ingenui: Pasolini e Fitzgerald vedevano nel futuro

L’aborto, un salario decente, i diritti dei lavoratori, la scuola pubblica, i pregiudizi razziali ecc… Che giovani ingenui che siamo! Cresciuti pensando al nostro moderno Occidente, come ad una terra democratica, dove il progresso potesse coincidere con la civiltà e l’avanzamento culturale. Ci hanno fatto credere – ai nostri genitori prima e a noi poi – che i figli ed i figli dei nostri figli avrebbero avuto più occasioni di noi. 

Quanto di vero c’è in tutto questo? I nostri nonni vedevano nei nostri genitori un mondo migliore, perché più istruito, con la possibilità di vivere una vita senza barriere culturali, né muri né frontiere. Una terra dove non esistesse un abisso disarmante tra ricchezza e povertà, dove ci si potesse elevare al di là del ceto sociale da cui si proveniva in origine. 

Forse un giorno si guarderà alla stagione dei diritti come ad una breve ed illusoria parentesi della storia democratica dell’essere umano. 

Nel 1973 Pier Paolo Pasolini scrisse “Sviluppo e progresso” un lavoro rimasto inedito per molto tempo perché mai pubblicato dal corriere della sera. L’attualità dell’intervento di Pasolini coinvolge una forza visionaria in netta contraddizione politica con Sinistra italiana, impegnata in un’inevitabile trasformazione antropologica di se stessa. La Sinistra degli anni settanta, con cui il grande intellettuale interloquiva, appare oggi una forza di conservazione e sostanzialmente residuale nella nostra società del terzo millennio. Allora Pasolini scriveva che lo sviluppo ed il progresso sono due strade separate:  << (…) la parola “sviluppo” ha oggi una rete di riferimenti che riguardano un contesto indubbiamente di “destra”. Chi vuole infatti lo “sviluppo”? Cioè chi lo vuole non in astratto e idealmente, ma in concreto e per ragioni di immediato interesse economico? E’ evidente: a volere lo “sviluppo” in tal senso è chi produce; sono cioè gli industriali. E, poiché lo “sviluppo”, in Italia, è questo sviluppo, sono per l’esattezza, nella fattispecie, gli industriali che producono beni superflui. (…) il “progresso”? Lo vogliono coloro che hanno interessi immediatamente da soddisfare, appunto attraverso il “progresso”: lo vogliono gli operai, i contadini, gli intellettuali di sinistra. Lo vuole chi lavora e dunque è sfruttato.>>

Più di mille anni ci sono voluti affinché l’Europa tornasse nelle mani dei popoli e forse mai ci è tornata del tutto. Nonostante la lotta secolare, combattuta dagli avi è ancora difficile spiegare che il diritto e la garanzia di un lavoro dignitoso non è un privilegio di pochi, ma una condizione di civiltà per vivere un futuro migliore. La cosa più divertente, forse, però è la bella storiella che ci raccontano: il reddito accantonato in una vita di privazioni e fatta di lavoro non ci darà soddisfazione neanche negli anni della pensione. Un vero torto ai giovani che già subiscono la piaga del precariato. 

Solo qualche anno prima di Pasolini,  Francis Scott Fitzgerald scrisse nel suo “Il grande Gatsby”: <<Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato!>> 

Come si può capire da questa frase, con cui l’autore conclude il libro, questo romanzo è incentrato sulle illusioni, sui ricordi, sul passato, e su come si vorrebbe far rivivere quest’ultimo in una maniera diversa al fine di cambiare il presente. Simbolo di tutto ciò è una luce verde prossima alla casa di Daisy che Gatsby osserva di continuo, sospirando e ripensando ai momenti felici passati con la donna, ma con la convinzione di poter farli rivivere.

Il personaggio di Gatsby vive per il suo passato, e per la speranza di poterlo trasportare al presente e al futuro; speranza che, però avrà per lui una tragica conclusione.

Perché nessuno si inventa un piano di investimenti per creare nuove opportunità di lavoro? Magari un piano che prevede l’investimento stesso dei soldi che ogni giorno fanno pagare a noi cittadini. Le tasse potrebbero servire, esse stesse a rendere questa vita meno faticosa e potrebbero diventare un investimento futuro atto a salvare i cittadini almeno in vecchiaia. Denaro che invece verrà perso in altri bonus e condoni o peggio salvataggi di banche e dulcis in fundo, perché no, corruzione (diciamo le cose come stanno).

 

 

 

 

 

 

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