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I cinque figli: al Tram il riadattamento della favola di Basile incarna la potenza del teatro

Stasera, sabato 24 febbraio, al teatro Tram di Port’Alba, tornerà in scena alle ore 19:00 (e domenica 25 febbraio) Una favola per attore padre: i cinque figli.

Si tratta di un “cunto”, un racconto, appartenente a Lu cunto de li cunti di Giambattista Basile. La rivisitazione Compagnia Teatro Insania è di e con Antimo Casertano. Musiche live di Gianluca Pompilio. Tecnico luci Angela Grimaldi.

È un gioco linguistico – racconta l’autore, attore e regista della riscrittura ispirata alla novella di Basile – che vuole mettere al centro la figura, da una parte, dell’attore e, dall’altra, del padre. Pacione, infatti, è padre di cinque figli, ma è anche un attore, perché ogni giorno deve mettere scena la versione migliore di sé, per essere un esempio di vita“. Rappresenta quel ramo solido che ha dato origine a buoni frutti.

Il drammaturgo, in maniera collaterale, vuole riconoscere al padre un ruolo importante, qual è quello che fattualmente ha, all’interno del processo educativo dei figli, con una ricaduta importante sulla formazione del loro carattere.

In più, vuole portare sulla scena la sua esperienza di attore, ma anche quella intima ed esistenziale di padre.

Il teatro riveste – come lui sottolinea a più riprese – un ruolo fondamentale, perché costituisce uno dei pochi spazi di autentica libertà rimasti. Vuole incitare al pensiero e ciò potrebbe risultare pericoloso rispetto a una spinta collettiva omologante e anestetizzante delle coscienze, come ribadisce Casertano.

Inoltre, l’attore in scena, instaura un rapporto di uno ad uno con lo spettatore, dando vita ha un flusso potente di emozioni.
Il teatro rappresenta un luogo di dialogo ed è uno spazio aggregativo per eccellenza.

Spesso – continua Antimo – lo spettacolo vero e proprio inizia dopo la fine della rappresentazione, attraverso le riflessioni e gli scambi di opinione condivisi tra chi vi ha assistito. Per questo, io ritengo che il teatro sia tra le forme di d’arte definibili come onnipotenti. In tal senso, il teatro non ha il compito di fornire risposte, bensì di fare domande“.

Pacione non è mai uscito dal suo contesto di riferimento, ma intraprende un viaggio periglioso con i suoi figli, affinché loro possano apprendere un’arte, scoprire e coltivare i propri talenti. In un secondo momento, avranno il compito di salvare la figlia del re di Sardegna, rapita da un orco.

Si tratta – spiega il regista – di un viaggio reale, ma anche metaforico, tra diverse isole, la Sicilia, la Sardegna le isole campane, ma anche Malta, a disegnare un percorso migratorio quanto mai attuale, ma anche un iter di conoscenza, di superamento dei propri limiti, spinti dalla curiosità e dal desiderio di acquisire una sempre maggiore consapevolezza su sè stessi e sul mondo circostante, alla stregua di novelli Ulisse che vogliono superare le proprie colonne d’Ercole“.

Il drammaturgo ha voluto compiere un’operazione trasfornativa sul linguaggio, che viene trasposto dal napoletano antico al siciliano, connotato da una particolare musicalità, affinché il pubblico possa entrare in contatto sin dall’inizio con un idioma piú familiare e, quindi, maggiormente comprensibile.

Pur andando ad agire sul linguaggio – evidenzia Casertano – ho voluto lasciare intatta la storia e la struttura dell’opera, rimanendo fedele alla tradizione di Basile. Il plot, la matrice, è semplice, essenziale, ispirata alle favole tradizionali, perché ciò che è bello non deve essere necessariamente stravolto e trasformato, ma va rispettato nella sua autenticità”.

In questa favola emergono tutti gli elementi precipui del cunto che sono: il senso del sacrificio, l’impresa eroica; l’amore sincero. Valori positivi che troveranno il modo di essere premiati.

L’attore e il drammaturgo lo sono per vocazione, richiamando le parole dell’autore.

Mi piace pensare – spiega Antimo – che nella parola ‘vocazione’ si possa ritrovare il significato del napoletano vocare, cioè il remare controcorrente, facendo molteplici sforzi per andare avanti attraverso e nonostante le avversità, riuscendo a fare quello in cui si crede, senza perdere la speranza, la tenacia e la determinazione nel percorrere la propria strada“.

Ph. Anna Abet

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