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La nuda anarchia dell’anima: una delicata poesia carnale

La nuda anarchia dell’anima di Andrea Gruccia (Officina Milena Edizioni) è il secondo capitolo della storia di Rebecca che avevamo già conosciuto ne Il tatto delle cose sporche.

Qui facciamo un balzo all’indietro, dove tutto ha avuto inizio, o quasi, e incontriamo, in un percorso a ritroso, una serie di personaggi noti ma anche di volti e di storie nuovi che ad essi si agganciano, incrociandone il cammino.

Piombiamo nell’infanzia di Rebecca e incontriamo un ulteriore alter-ego dell’autore, Andrea. Andrea è il cugino di Rebecca ed è catturato dalle luci e dalle ombre della sua personalità sin dagli esordi.

I due ragazzi, pur essendo antitetici nel modo di vivere le emozioni, sono complementari e intraprendono insieme la loro educazione sentimentale, legati da un sottile filo rosso, che non si spezza nonostante gli anni di lontananza fisica.

Andrea incarna, con la sua stessa venuta al mondo, il terribile proverbio che ammonisce:” Le colpe dei padri ricadranno sui figli”. E’, infatti, figlio di un uomo che ammanta la sua lussuria di necessità dietro l’egida e il lasciapassare dell’arte. Per questo il figlio è vittima di bullismo da parte di coetanei, che rappresentano la bruttezza, la grettezza, la ferocia e l’ipocrisia della società circostante.

Andrea è come una tela che cerca un angolino per essere valorizzata, vergata dai colori della vita o, maieuticamente, pronta a far emergere dal profondo le forme che ha dentro, affinchè possano lasciare traccia sulla superficie candida. Ma nessuno ha un posto giusto per lui e nessuno ne riconosce i colori dell’anima.

Rebecca è ribelle e apparentemente impermeabile ai colpi dell’esistenza, affetta da una malattia che annulla in lei la percezione delle emozioni, che ella riesce a sentire solo se sono molto intense, feroci e si imprimono nel corpo. Ha bisogno di immergersi nel fango, vero e metaforico, per riappropriarsi di se stessa.

Eppure attraverso Andrea Rebecca riscopre la tenerezza di sentimenti puliti, trasparenti, fragili e autentici, vive momenti ciclici i catarsi e di rinascita, ma ha paura di trascinare anche lui in un gorgo, in un groviglio oscuro da cui con sempre maggiore fatica riesce lei stessa a riemergere, attraverso il ricorso ad astruse teorie e un attaccamento ossessivo a numeri e formule.

Andrea Gruccia riconferma la sua capacità di fare poesia in prosa, mescolando linguaggi e atmofere. La poesia è tale anche quando descrive momenti oscuri o visceralmente carnali ed è il viatico per un viaggio dentro e fuori i corpi dei protagonisti, attraverso pelle, pensieri, consistenze, odori, umori.

Si riconferma anche il gemellaggio tenero e lieve con il mondo delle piante e della natura: in questo modo la pelle di una donna assume la stessa consistenza carnosa e vellutata del petalo di un fiore e le umane fragilità sono paragonabili alla preziosa inconsistenza di una foglia secca, in cui sono ben visibili le venature, i solchi e i graffi e che è pronta, suo malgrado, a sgretolarsi al primo tocco.

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