HOMETEATRO

Open Mic Farm: al Tram un’urticante riscrittura del testo orwelliano

Open Mic Farm, sagace riscrittura de La fattoria degli animali di George Orwell approda al teatro Tram di Napoli dopo aver vinto diversi premi: quello alla regia della XXIII Edizione di Fantasio Festival e la selezione per la prossima edizione del Festival di Avignon Le Off 2024.
C’è ancora tempo stasera, sabato 2 dicembre alle ore 19:00 e domani, domenica 3 dicembre alle 18:00, per assistere a questo spettacolo in grado di scuotere le coscienze.
Al timone della narrazione tre attori (insieme all’autore e regista Gianluca Ariemma, anche Salvo Pappalardo e Giulia Messina, vincitrice del Premio Hystrio alla vocazione).
Il Tram si conferma uno spazio off di grande professionalità, che dà voce a opere di pregio capaci di far riflettere, ma anche di indurre un sorriso ironico. Il motivo della vincita di questi premi da parte della coesa compagine che troviamo sul palco è subito evidente.
Si tratta di una recitazione intensa e mordace, che alterna diversi registri linguistici e narrativi e non cede mai il passo alla lentezza, mettendo in evidenza con fierezza vari momenti di un “politicamente scorretto” al vetriolo che sbugiarda atteggiamenti buonisti, fintamente inclusivi e all’insegna di un rispetto solo di facciata.
È un ritmo ad alta attenzione e tensione emotiva: sulla scena viene, infatti, riproposto l’eterno dilemma che attanaglia gli uomini, ma anche gli animali che ne rappresentano l’alter ego, che spodestano un tiranno, ne mutuano tutti i peggiori difetti, e ne prendono il posto. Così succede ai maiali – quelli già di per sè più simili all’uomo – apparentemente animati da un desiderio di giustizia sociale che, spinti dalla cupidigia e dallo smodato desiderio di essere leader, finiscono per rendere schiavi i propri simili, tradendo i principi di eguaglianza che loro stessi inizialmente si sono dati per mantenere la loro “umanità” e per cercare di non cadere nelle sabbie mobili e nelle pastoie del potere che attanagliano i loro sfruttatori umani.
Questa assimilazione sembra essere sottolineata dalla possibilità, espressa sulla scena, di liberarsi dalle fattezze animali – rappresentate dalla maschera – rivelando un volto umano.
Nell’operazione di riscrittura  – racconta Ariemma –  sono rimasto fedele al testo originale, tranne che nell’inversione dei ruoli. Nel mio testo, infatti, è Palla di Neve che uccide Napoleone. Ci tenevo a sottolineare che chiunque avesse vinto lo avrebbe fatto attraverso un gesto sanguinario, da tiranno“.
Il tema è forte, il progressivo disincanto è corrosivo, ma riesce comunque a strappare un sorriso amaro perché gli attori – che si contendono la scena con un ritmo serratissimo – ricorrono al registro della stand up comedy nelle vesti di un talk show.
La mia drammaturgia – rimarca l’autore – serra i tempi, per mantenere viva l’attenzione del pubblico“.
Diversi i temi e i punti scivolosi, in cui la verità che dovrebbe essere svelata viene invece nascosta a scopo propagandistico.
Niente è come sembra: i buoni in realtà si rivelano malvagi o lo diventano. I cattivi in fondo non lo sono fino in fondo e pagano il fio di una loro certa ingenuità e dell’essersi fidati e affidati alla buona fede dell’altro. L’ opera è un omaggio a George Orwell e si rivela un totem eretto alle personalità ego riferite, che mostrano il loro volto piú laido e feroce.
I maiali, come ricorda il regista e autore, inseguono un sogno e, man mano che assimilano i comportamenti umani, diventano simili a coloro che dicevano di odiare.
Non c’è spazio per i talenti, per la valorizzazione del punto di vista altrui e per un sano, reale e autentico contraddittorio: la prospettiva diventa totalizzante. I maiali progressivamente si umanizzano e diventano – o rivelano di essere –  sempre più impietosi ed estranei a sè stessi e a una possibile solidarietà intragruppo. Divengono davvero ferini.
Il nemico da esterno – l’odiato e temuto essere umano – diventa interno, un proprio simile, da guardare con crescente diffidenza, fino all’esecuzione finale.
L’odio verso il diverso e le minoranze – spiega Ariemma – è comune a varie epoche e dittature. Una minoranza che diventa capro espiatorio e serve a distrarre l’attenzione delle masse dai veri pericoli”
Gi attori mutuono parte degli atteggiamenti dallo stile tipico della commedia dell’arte che viene richiamata non solo dalle maschere indossate, ma anche dalle movenze caricaturali che conferiscono a tutta l’opera un ritmo travolgente.
Abbiamo voluto – ribadisce Ariemma  –  creare un vero e proprio codice, che rendesse chiaramente riconoscibili le varie specie animali che, pur nelle differenze caratteriali di ognuno, mantengono invariate alcune caratteristiche: la pose dei cavalli; l’apertura alare dei corvi e così via. I maiali invece si distinguono per la loro somiglianza agli esseri umani“.
Cambiano rapidamente stili, voci, personalità e gli attori attraversano con fluidità diversi quadri narrativi.
Il nostro – sottolinea ancora l’autore – è un teatro di parola, la cui prosa, di stampo checoviano, cerca di evidenziare i rapporti esistenti tra gli attori e i personaggi”.
il pubblico è letteralmente risucchiato nella narrazione e “precettato”  a  partecipare attraverso applausi e interlocuzioni letteralmente urticanti.
Anche se parliamo di vicende drammatiche e vogliamo che il legame con l’attualità risulti particolarmente forte – evidenzia il registra – abbiamo voluto ricorrere al riso, quello che le persone usano per esorcizzare le proprie paure, tirarle fuori e allontanarle da sè. Le parole sono apertamente ingiuriose e politicamente scorrette, ma mentre il pubblico spesso si indigna noi le utilizziamo con studiato distacco“.
Qui il trailer.

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