“The Game”, come sfidare la fortuna tra illusione e realtà
Sarà di scena il prossimo 16 magio all’Augusteo di Napoli, Francesco Tesei, il mentalista con lo spettacolo dal titolo “The Game”. Dopo il grande successo di MIND JUGGLER, che in questi anni a teatro ha stupito più di 100.000 spettatori, lo abbiamo incontrato per saperne di più
- Cos’è essere un mentalista?
Immagina di prendere un illusionista, uno psicologo e un esperto di comunicazione, mettili insieme dentro ad un frullatore, quello che esce fuori è un mentalista. Sono con un piede sul fronte dell’illusionismo e l’altro su quello della psicologia.
- Di cosa si parla in “The Game”?
I temi dello spettacolo sono presi dalla psicologia, ma le tecniche con cui li tratto sono capaci di renderli suggestivi e spettacolari. Ho lavorato come illusionista per 15 anni e da questo lavoro ho ereditato il gusto ed il piacere di stupire le persone. Lo spettacolo meraviglia e stupisce, ma invece di parlare di elefanti che volano e/o assistenti che spariscono, parla di cose che sono radicate nella realtà. Al suo interno ci sono domande che pongo al pubblico stesso con tono provocatorio. Per esempio quanto siamo prevedibili nelle nostre scelte e quando condizionati. In “The Game”, ho scelto il tema della fortuna.
- Perchè hai scelto proprio la fortuna?
Da mentalista mi piace l’idea di poter giocare con il controllo e prima di tutto il controllo dei propri pensieri e di conseguenza dei comportamenti, quindi delle proprie azioni. Il controllo è sempre stato per me interessante. Mi piaceva fare una sfida col pubblico, vedere se è possibile controllare la fortuna, che appunto per sua stessa natura è incontrollabile.
- Secondo te, parlare di fortuna a Napoli che valore ha?
A Napoli il tema sarà ancora più interessante, perché è la città scaramantica per eccellenza. In The Game gioco anche con i numeri del superenalotto… staremo a vedere come risponderà il pubblico. Già so che ci divertiremo!
- Credi nella fortuna, l’hai mai sfidata?
Sono nato e cresciuto con un atteggiamento razionale, quindi per buona parte della mia vita ho creduto che la fortuna non esistesse, poi però leggendo le biografie di grandi personaggi come Steve Jobs, mi sono accorto che anche loro, personaggi di successo, la tiravano in ballo. Confesso, che nel mio piccolo mi sono anche rivisto nelle loro situazioni. Se mi guardo indietro, posso dire che ho avuto anche molta fortuna.
- Ma quindi la fortuna esiste?
Il mio tentativo è dimostrare che la fortuna la costruiamo noi con le nostre mani. Spesso confondiamo ciò che è interno a noi stessi rispetto a ciò che è esterno e per esterno intendo ciò di cui abbiamo responsabilità e viceversa.
- Ci fai un esempio?
Ok, un esempio anche banale. Se usciamo di casa e torniamo che siamo bagnati fradici, possiamo dare la colpa al fatto che è venuto a piovere ( responsabilità esterna, ossia qualcosa che non possiamo controllare), oppure possiamo dare la colpa a noi che non abbiamo portato un ombrello (responsabilità interna, ossia qualcosa che possiamo controllare). Ognuno sceglie a chi dare la responsabilità di ciò che accade e caratterizza il nostro approccio nei confronti della vita. C’è chi da la colpa sempre a qualcosa di esterno e chi inizia a prendersi la responsabilità di ciò che fa e che quindi gli succede.
- The Game è uno spettacolo anche divertente?
Sicuramente, perché affronto il tema in maniera giocosa ed ironica. Però il tema è importante non solo nella nostra vita personale, è un modo di porsi della società. Proprio oggi leggevo un titolo che diceva “Se esportiamo armamenti, non possiamo lamentarci se importiamo rifugiati”
- Quindi non si tratta solo di un discorso personale?
Non solo, infatti, la responsabilità può essere pensata anche in quanto Europa e in quanto Italia. Pensiamo a quello che sta succedendo. Anche in questo caso c’è una differenza di approccio. Nello spettacolo però, non affronto temi politici e sociali.
- Cosa si porta a casa il pubblico dopo aver visto “The Game”?
Ogni persona che assiste allo spettacolo si porta a casa un po’ di riflessioni, poi ognuno è libero di traslare il discorso.
- A parte la fortuna c’è qualcosa in cui credi?
Ho un approccio molto laico, è il mio modo di essere. Quindi quando si parla di credenze sono molto cauto. Mi viene da rispondere ricordando una frase: “la qualità della nostra vita dipende prima di tutto dalla qualità delle domande che ci poniamo”
- E credi nei valori?
Nei valori assolutamente sì, non so chi potrebbe affermare il contrario.
- Quali sono quelli fondamentali?
Alcuni li abbiamo imparati anche quando eravamo bambini, giocando insieme agli altri. Per esempio il fatto di fare a turno e condividere. Per quanto riguarda i miei spettacoli e questo in particolare, gioco con gli spettatori, ma non li sfido. La sfida la lancio alla fortuna, ma con lo spettatore voglio giocare. Lo scopo è formare un gruppo e condividere, creando delle esperienze insieme e vedendo cosa succede.
- Chi è un fortunato?
Spesso guardiamo ad una persona dicendo che è fortunata, ma stiamo guardando solo la superficie, dimenticando che dietro c’è lavoro e sacrificio prima del raggiungimento del successo.
- The Game è un invito a tornare un po’ bambini e ritrovare l’ingenuità perduta?
Dire si torna bambini è una lama a doppio taglio, perché tornare bambini va bene, ma essere ingenui no. Non credo che The Game sia uno spettacolo per ingenui, penso sia uno spettacolo per chi ha voglia, per un paio d’ore, di emozionarsi e di seguirmi in quest’esplorazione al confine tra illusione e realtà.